Il Tribunale di Ravenna e quello di Roma, con due sentenze pronunciate a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, si sono espressi in modo differente in merito all’efficacia temporale del nuovo art. 2103 c.c., modificato dal d.lgs. n. 81/2015, che ora permette al datore di lavoro di modificare le mansioni del dipendente che rientrano nello stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte. Si ricorda che nella formulazione precedente, la norma prevedeva invece che la variazione delle mansioni fosse possibile solamente a condizione che quelle nuove fossero equivalenti alle ultime effettivamente svolte. Ci si chiede, pertanto, se la novella legislativa sia applicabile anche ai rapporti di lavoro già in corso alla data della sua entrata in vigore (25 giugno 2015) e, soprattutto, se essa abbia rilevanza rispetto a mutamenti di mansioni disposti prima di tale data e ancora in atto dopo la stessa. Per il Tribunale di Ravenna, che si è pronunciato in materia con una sentenza depositata in data 22 settembre 2015, la risposta è negativa. La nuova normativa non si applicherebbe alle fattispecie che si sono prodotte nel vigore della precedente formulazione dell’art. 2103 c.c. (e quindi fino al 24 giugno 2015). A nulla conterebbe che il mutamento di mansioni continui anche nel vigore della legge successiva, che non contiene alcuna norma di natura retroattiva. Diversamente, per la sentenza depositata dai giudici di Roma in data 30 settembre 2015, il demansionamento costituisce una sorta di “illecito permanente”, che si attua e rinnova ogni giorno in cui il dipendente viene mantenuto a svolgere mansioni inferiori. Conseguentemente, la valutazione della liceità o meno della condotta posta in essere dal datore di lavoro nell’esercizio del suo potere di assegnare e variare (a certe condizioni) le mansioni che il dipendente è chiamato ad espletare va necessariamente compiuta con riferimento alla disciplina legislativa e contrattuale vigente giorno per giorno; con l’ulteriore conseguenza che l’assegnazione di determinate mansioni che deve essere considerata illegittima in un certo momento, può non esserlo più in un momento successivo. Applicando tale principio, il Tribunale della capitale ha ritenuto che nulla spettasse al lavoratore, a titolo di risarcimento del danno per demansionamento, per il periodo successivo al 24 giugno 2015. Restava da verificare la correttezza dell’operato del datore nel periodo compreso tra il maggio 2014 e il giugno 2015.