Credito d’imposta in ricerca e sviluppo a maglie ampie
A cura della redazione
L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 119 del 22 dicembre 2016, ha risposto all’interpello di una società contribuente affermando che possono rientrare nel credito di imposta in ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del D.L. 145/2013 (L. n. 9/2014), le spese sostenute per “test e prove di laboratorio”.
La predetta disposizione riconosce un credito di imposta a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019. L’agevolazione spetta nella misura del 25% delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015. La stessa è elevata al 50% per le spese relative all’assunzione di personale altamente qualificato e per quelle relative a contratti di ricerca stipulati con Università, enti di ricerca ed altre imprese, comprese le start-up innovative.
Il Fisco ha quindi precisato, sentito il parere in materia del Mise, che i test e le prove di laboratorio delle “mescole e prodotti in gomma” sviluppati dalla società interpellante sono parte inscindibile del percorso di ricerca industriale che ha condotto alla realizzazione degli stessi “mescole e prodotti in gomma” e, come essi, dovrebbero rientrare tra le attività di ricerca ammissibili ai sensi dell’art. 3, c. 4, lett. b) del del D.L. 145/2013. Quanto alla classificazione dei relativi costi, l’Agenzia ha precisato che i medesimi rientrino tra i costi eleggibili, ai sensi dell’art. 3, c. 6, lett. c), del predetto D.L., in quanto riferiti ad attività assimilabili alle esternalizzazioni “extra muros”, ovvero ad attività di ricerca commissionate a terzi, per le quali spetta un credito d’imposta elevato nella misura del 50% delle spese documentabili.
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