Il 2021 e il 2020 sono stati anni difficili per le aziende italiane, investite da una crisi senza precedenti. Le imprese hanno reagito impegnandosi per garantire la continuità produttiva tutelando la salute dei lavoratori, hanno riorganizzato il lavoro per renderlo più flessibile e facilitare la conciliazione con le esigenze familiari, hanno sostenuto le istituzioni sanitarie e le comunità locali.

La reazione alla pandemia ha impresso un salto di qualità al welfare aziendale ampliando il numero delle imprese attive, arricchendo il range delle iniziative adottate e soprattutto generando una nuova consapevolezza del ruolo sociale delle imprese.

Molte aziende hanno ampliato i servizi sanitari già disponibili o ne hanno creato di nuovi. Ad esempio, alcune hanno esteso le coperture assicurative mentre altre hanno offerto prestazioni sanitarie a distanza, come servizi di consulto medico o psicologico.

Vi sono stati poi datori di lavoro che hanno erogato bonus, aumenti temporanei delle retribuzioni, integrazioni alla cassa integrazione, e altri ancora che hanno sviluppato in modo innovativo la formazione, introducendo soluzioni digitali.

Una quota più limitata di aziende invece hanno sostenuto le famiglie nell’assistenza agli anziani, nella cura dei figli e nelle spese scolastiche. Le imprese, inoltre, hanno offerto contributi alle comunità e alle istituzioni pubbliche, con donazioni e con attività a sostegno del sistema sanitario o della ricerca. La gran parte di queste iniziative sono tuttora in corso.

Questo sforzo ha modificato in modo permanente il welfare aziendale: quasi il 50% delle imprese che hanno attuato iniziative in risposta all’emergenza intendono mantenerle anche in futuro, considerandole una componente strutturale del loro welfare.