La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6463 del 6 febbraio 2019, ha ribadito il principio secondo cui, per i contratti a termine (anche in somministrazione),  stipulati da realtà aziendali complesse per sostituire lavoratori assenti, in cui la sostituzione non sia riferita ad una singola persona ma, piuttosto, ad una funzione produttiva specifica occasionalmente scoperta, non è necessaria l’indicazione del nominativo da sostituire, qualora l’esigenza sostitutiva risulti comunque identificata attraverso altri e diversi elementi, tali da consentire il controllo di una reale esigenza aziendale della temporanea assunzione, funzionale ad una specifica finalità.

Nella fattispecie in esame, si trattava di un’ipotesi c.d. a scorrimento, che la Suprema Corte ha ritenuto legittima, sul rilievo che il lavoratore assunto a termine non deve essere necessariamente destinato alle medesime mansioni o allo stesso posto del lavoratore assente, atteso che la sostituzione in esame deve essere intesa nel senso più confacente alle esigenze dell’impresa; pertanto, non può essere disconosciuta all’imprenditore – nell’esercizio del potere di autorganizzazione – la facoltà di disporre (in conseguenza dell’assenza di un dipendente) l’utilizzazione del personale, incluso il lavoratore a termine, mediante i più opportuni spostamenti interni, con conseguente realizzazione di un insieme di sostituzioni successive per scorrimento a catene, sempre che vi sia correlazione tra assenza ed assunzione a termine, nel senso che la seconda deve essere realmente determinata dalla necessità creatasi nell’azienda per effetto della prima.