L’INPS, con la circolare n. 98 del 3 settembre 2020, ha illustrato i profili normativi e operativi inerenti all’intervento straordinario di integrazione salariale che supporta il contratto di espansione previsto, in via sperimentale per il biennio 2019 - 2020, dall’art. 41 del D.Lgs. 148/2015.

Allo scopo si ricorda che l’art. 26-quater del D.L. 34/2019 (L. 58/2019) ha novellato il citato art. 41 del D.Lgs. 148/2015, introducendo, in via sperimentale per gli anni 2019 - 2020, il contratto di espansione.

Il nuovo istituto si rivolge alle imprese, con organico superiore alle 1.000 unità (già rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS), che si trovino nella necessità di intraprendere percorsi di reindustrializzazione e riorganizzazione, con conseguenti modifiche dei processi aziendali necessari, per recepire e sviluppare attività lavorative a contenuto più tecnico.

Per utilizzare il nuovo strumento contrattuale, le aziende devono avviare una procedura di consultazione sindacale finalizzato alla stipula del contratto di espansione; quest’ultimo dovrà, quindi, essere sottoscritto in sede governativa con il Ministero del Lavoro e le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale oppure con le loro rappresentanze sindacali aziendali o con la rappresentanza sindacale unitaria.

In particolare, con riguardo al personale in forza - difficilmente utilizzabile in modo produttivo in conseguenza dello sviluppo tecnologico avviato – le imprese hanno due opzioni:

-    con i soggetti che si trovino a non più di 5 anni dalla pensione di vecchiaia o da quella anticipata e che hanno maturato il requisito minimo contributivo, è possibile concordare un’uscita anticipata dall’azienda, attraverso la risoluzione dei rapporti di lavoro. Si ricorda che, per tali fattispecie di interruzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto al versamento del c.d. ticket di licenziamento (art. 2, c. 31, della L. 92/2012);

-    per i lavoratori che non possono aderire allo scivolo pensionistico di cui sopra, al fine di garantire loro un’adeguata attività formativa finalizzata alla riqualificazione e all’aggiornamento delle loro competenze professionali, l’impresa può procedere a riduzioni orarie tutelabili attraverso il ricorso al trattamento straordinario di integrazione salariale.

Ai fini della determinazione del requisito occupazionale, si deve fare riferimento ai lavoratori occupati mediamente nel semestre (compresi i rapporti a tempo determinato) precedente la data di presentazione della richiesta di intervento di integrazione salariale. Il numero dei lavoratori in organico riguarda la singola impresa, anche se articolata in più unità aziendali dislocate sul territorio nazionale, e non i gruppi di imprese o i raggruppamenti temporanei di imprese (RTI).

Nella determinazione del numero dei dipendenti occupati devono essere ricompresi i lavoratori di qualunque qualifica con esclusione dei lavoratori somministrati, dei tirocinanti e degli stagisti.

Il lavoratore assente ancorché non retribuito (es. gravidanza) è escluso dal computo dei dipendenti solo nel caso in cui in sua sostituzione sia stato assunto un altro lavoratore; ovviamente in tal caso sarà computato il sostituto.

Nel determinare la media occupazionale devono essere ricompresi nel semestre anche i periodi di sosta di attività e di sospensioni stagionali; per le aziende di nuova costituzione il requisito, analogamente ai casi di trasferimento di azienda, si determinerà in relazione ai mesi di attività, se inferiori al semestre.

In merito alla natura dell’intervento di CIGS, l’INPS precisa che lo stesso è riconducibile alla causale della riorganizzazione aziendale di cui all’art. 21, c. 1, lett. a), del D.Lgs. 148/2015.

Devono ritenersi, inoltre, applicabili le regole che governano la CIGS, con particolare riferimento ai lavoratori beneficiari nonché all’applicazione del contributo addizionale e della operatività del termine decadenziale per il pagamento dei trattamenti di cui rispettivamente agli articoli 1, 5 e 7 del D.Lgs. 148/2015.

Con riferimento ai lavoratori destinatari, restano, quindi, esclusi dall’intervento di CIGS:

  • i dirigenti;
  • i lavoratori a domicilio;
  • gli apprendisti con contratto differente da quello di tipo professionalizzante.

L’intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto per un periodo non superiore a 18 mesi, anche non continuativi, che - in deroga a limiti di durata complessivi e specifici stabiliti dagli articoli 4 e 22 del medesimo decreto legislativo – non è conteggiabile nel quinquennio di riferimento.

L’integrazione straordinaria connessa al contratto di espansione soggiace all’obbligo di versamento del contributo addizionale di cui all’art. 5 del D.Lgs. 148/2015.

A tal fine, si ricorda che detta contribuzione è articolata in misura progressiva pari a:

  • 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria e straordinaria fruiti all’interno di uno o più interventi concessi sino ad un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;
  • 12% oltre il limite di 52 e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile;
  • 15% oltre il limite di 104 settimane in un quinquennio mobile.

Le integrazioni salariali erogate dal datore di lavoro sono rimborsate dall’INPS ovvero conguagliate dal datore di lavoro medesimo all’atto dell’assolvimento degli obblighi di contribuzione obbligatoria, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata dell’autorizzazione o dalla data del provvedimento di concessione, se successivo. Il predetto termine di decadenza si applica anche laddove la denuncia Uniemens generi un saldo a credito per l’azienda.

L’INPS ha, infine, istituito il codice evento e le istruzioni operative sulle modalità di esposizione del conguaglio e di versamento del contributo addizionale.