Clausola di favore priva di effetto in presenza di conflitto di interessi
A cura della redazione

Il lavoratore che si trova in conflitto d'interessi ai sensi dell'art. 1394 c.c. perde il diritto di far valere una clausola di favore inserita nel contratto di lavoro (Cass. 18/07/2007 n.15981).
Secondo la Suprema Corte il conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato che, se conosciuto o riconoscibile dal terzo, rende annullabile il contratto concluso dal rappresentante, ai sensi dell'art. 1394 cod. civ. è pacificamente applicabile anche ai casi di rappresentanza organica di una persona giuridica; la fattispecie astratta dell'art. 1394 cod. civ. si riferisce ad un'ipotesi di contrasto tra l'interesse del rappresentante e l'interesse del rappresentato, per essere il primo portatore di interessi incompatibili con quelli del secondo, cosicché la salvaguardia dei detti interessi gli impedisce di tutelare adeguatamente l'interesse del dominus; ne discende che non ha rilevanza, di per sé, che l'atto compiuto, oggettivamente considerato, sia vantaggioso o svantaggioso per il rappresentato, con l'ulteriore conseguenza che non è necessario, perché questi possa domandare o eccepire l'annullabilità del negozio, provare di aver subito un concreto pregiudizio; ma è indubbio che i detti elementi (inesistenza di qualsiasi interesse al contratto e pregiudizio non correlato ad alcun vantaggio) possono essere apprezzati come indizi che, unitamente ad altre circostanze, sono idonei a comprovare per presunzione l'esistenza del conflitto.
Più in particolare la posizione di conflitto di interesse si riscontra anche quando l'interesse cui tenda indebitamente il rappresentante sia mediato o indiretto, come quello dipendente da vincoli di solidarietà (derivanti da rapporti familiari, societari, di amicizia, ecc.), tali da spiegare un'influenza deviatrice rispetto al dovere di tutelare esclusivamente l'interesse del rappresentato; con riguardo a tale ipotesi specifica di conflitto, la giurisprudenza della Corte ha precisato che i vincoli di solidarietà e di amicizia fra rappresentante e terzo, unitamente ad altri elementi, sono indizi che consentono al giudice del merito di ritenere, secondo l'id quod plerumque accidit, sia il proposito del rappresentante di favorire il terzo, sia la conoscenza effettiva o quanto meno la conoscibilità della situazione da parte del terzo.
Riproduzione riservata ©