Cena natalizia: non solo un costo per l’azienda
A cura della redazione
Con l’avvicinarsi delle festività natalizie, molte aziende hanno la consuetudine di organizzare pranzi o cene con i propri dipendenti e/o con i clienti, durante i quali ci si scambiano gli auguri e si consegnano presenti.
Questi pranzi o cene per il datore di lavoro sono sicuramente un costo, ma secondo il TUIR riconoscono anche il diritto a benefici fiscali.
Al fine di individuare quale disposizione trovi applicazione è necessario inquadrare la natura di tali spese.
A tal proposito è utile richiamare la circolare 34E/2009 con la quale l’Agenzia delle entrate ha precisato che “nel caso di spese sostenute per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di ricorrenze aziendali, di festività nazionali o religiose ovvero in occasione dell’inaugurazione di nuove sedi, uffici o stabilimenti, ai fini della qualificazione delle medesime come spese di rappresentanza ai sensi delle disposizioni in esame, si ritiene necessario documentare la tipologia di destinatari delle spese. In particolare, non sono qualificabili come spese di rappresentanza quelle sostenute per eventi aziendali in cui sono presenti esclusivamente dipendenti dell’impresa, in quanto le spese non possono considerarsi sostenute nell’ambito di “significative attività promozionali” dei prodotti dell’impresa e per carenza, in definitiva, del requisito della ragionevolezza (collegamento con i ricavi dell’impresa)”.
In particolare, secondo l’Agenzia, la spesa di rappresentanza si considera ragionevole” in quanto idonea a generare ricavi ed adeguata rispetto all’obiettivo atteso in termini di ritorno economico, oppure, in alternativa, deve essere coerente con le pratiche commerciali di settore. In caso di assenza di pratiche commerciali di settore ovvero di incoerenza della spesa con le stesse, ai fini della deducibilità della spesa di rappresentanza è necessario dimostrarne la ragionevolezza, valutando l’idoneità della stessa a generare ricavi”.
Invece l’Agenzia delle entrate non ha specificato la natura delle cene offerte ai dipendenti. Nel silenzio si ritiene che queste rientrino nel concetto di liberalità del datore di lavoro a favore dei propri dipendenti nei cui confronti trova applicazione la deducibilità del 5×1000 del costo del lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.
Più precisamente, secondo l’art. 100, c.1 del TUIR, “Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.”.
Invece, se al pranzo o alla cena non partecipano i dipendenti, ma clienti, fornitori o altri soggetti, trattandosi di spese di rappresentanza come sopra definite dall’Agenzia delle entrate, troverà applicazione l’art. 109, c.5 del TUIR, secondo cui “le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, diverse da quelle di cui al comma 3 dell’articolo 95, sono deducibili nella misura del 75 per cento”.
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