Nell'accertare la natura del rapporto di lavoro ciò che rileva è il prevalente comportamento tenuto dalle parti e non la qualificazione risultante dal contratto di lavoro (Cass. 13/03/2007 n.5826). Più precisamente la Suprema Corte richiama il prevalente orientamento giurisprudenziale secondo cui la qualificazione del rapporto compiuta dalle parti nella iniziale stipulazione del contratto non è determinante, diventando il comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto elemento necessario non solo ai fini della sua interpretazione, ma anche ai fini dell'accertamento di una nuova e diversa volontà eventualmente intervenuta nel corso dell'attuazione del rapporto e diretta a modificare singole sue clausole o addirittura la stessa natura del rapporto lavorativo inizialmente prevista, con la conseguenza che, in caso di contrasto fra dati formali iniziali di individuazione della natura del rapporto e dati fattuali emergenti dal suo concreto svolgimento, è a questi ultimi che deve darsi rilievo prevalente. Ne consegue che se le parti hanno inizialmente qualificato il contratto di lavoro come autonomo, ma il comportamento tenuto durante l'esecuzione è di natura subordinata, il rapporto deve considerarsi subordinato con tutte le conseguenze retributive e contributive che ne derivano.