Cassazione: licenziamento e superamento del periodo di comporto
A cura della redazione
E' illegittimo il licenziamento intimato dal datore di lavoro al lavoratore per aver superato il periodo di comporto quando la malattia del lavoratore è dovuta a causa imputabile all'azienda (Cass. 30/08/2006 n.18711).
Nel nostro ordinamento vige l'art. 2110 c.c. secondo il quale
il datore di lavoro non può unilateralmente recedere o, comunque, far cessare il rapporto di lavoro prima del superamento del limite di tollerabilità dell'assenza c.d. periodo comporto (predeterminato dalla legge, dalla disciplina collettiva o dagli usi oppure, nel difetto di tali fonti, determinati dal giudice in via equitativa). Inoltre il superamento di quel limite è condizione sufficiente di legittimità del recesso, nel senso che non è necessaria la prova del giustificato motivo oggettivo (art. 3 della legge n. 604 del 1966), né della sopravvenuta impossibilità della prestazione lavorativa (art. 1256, comma 2 e 1464 cod. civ.), né della correlata impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse.
Tuttavia le assenze dal lavoratore per malattia non giustificano il recesso del datore di lavoro, in ipotesi di superamento del periodo di comporto, nel caso in cui l'infermità sia imputabile a responsabilità dello stesso datore di lavoro in dipendenza della nocività delle mansioni o dell'ambiente di lavoro, che abbia omesso di prevenire o eliminare, in violazione dell'obbligo di sicurezza (art. 2087 cod. civ.) o di specifiche norme.
Spetta comunque al lavoratore l'onere di provare il collegamento causale fra la malattia, che ha determinato l'assenza e il superamento del periodo di comporto ed il carattere morbigeno dell'ambiente di lavoro o delle mansioni espletate.