Assistenza sanitaria: il welfare premia la mutualità
A cura della redazione

Ai fini della detassazione dei premi di risultato, la L. n. 232/2016 ha stabilito, con decorrenza 1° gennaio 2017, che non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente né sono soggetti all’imposta sostitutiva del 10% i contributi di assistenza sanitaria di cui all’articolo 51, comma 2, lettera a), del TUIR, versati per scelta del lavoratore in sostituzione, in tutto o in parte, del premio di risultato, anche se eccedenti il limite di € 3.615,20.
Conseguentemente, dal periodo d’imposta 2017, i contributi predetti, ove versati in sostituzione del premio di risultato, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente anche se aggiuntivi a contributi già versati dal datore di lavoro o dal lavoratore per un importo di € 3.615,20. Tale importo può quindi essere superato dal lavoratore che sceglie di convertire il premio in welfare e che può versare ulteriori contributi di assistenza sanitaria esenti nel limite di € 3.000 (elevato ad € 4.000 in caso di premi erogati da aziende che abbiano adottato forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nella organizzazione del lavoro sulla base di contratti stipulati entro il 23 aprile 2017).
Diversamente da quanto disposto per i contributi alla previdenza complementare, tuttavia, la legge di bilancio 2017 non ha dettato disposizioni per disciplinare gli effetti della detassazione dei contributi in esame sulla prestazione sanitaria resa dalla cassa sanitaria ed in particolare sulla deducibilità o detraibilità delle spese sanitarie rimborsate dalla cassa. In assenza di specifiche disposizioni tornano quindi applicabili i principi generali in base ai quali la deduzione o detrazione degli oneri è possibile nella misura in cui la relativa spesa sia rimasta a carico del contribuente, condizione che non sussiste qualora la spesa sia sostenuta o rimborsata a seguito di contributi dedotti dal reddito o che non hanno concorso alla formazione del reddito, come nel caso di contributi versati in sostituzione di premi di risultato agevolabili.
Per quanto riguarda la portata della nuova disposizione, con particolare riguardo alle prestazioni che la cassa rende poi agli iscritti, la circolare n. 5/2018 dell’Agenzia delle entrate precisa che nessuna criticità sussiste laddove la cassa sanitaria opera rispettando i principi di mutualità. Criticità sorgono, invece, nelle ipotesi in cui esista per ciascun iscritto (dipendente) una stretta correlazione tra quanto percepito dalla cassa a titolo di contribuzione ed il valore della prestazione resa dalla Cassa all’iscritto stesso, e/o ai suoi familiari, al punto che la prestazione sanitaria - sotto forma di prestazione diretta ovvero di rimborso della spesa - ove erogata, non possa comunque mai eccedere, in termini di valore, il contributo versato (iscritti/dipendente e datore di lavoro). In tale ultimo caso, il lavoratore non potrà beneficiare della deducibilità dei contributi versati, ma potrà accedere alla detrazione prevista per le spese sanitarie rimaste a suo carico. Ciò significa che i predetti contributi concorrono integralmente a formare reddito imponibile da tassare con la progressività IRPEF. Si ritiene, considerando che la predetta disposizione dell’art. 51 del TUIR (comma 2, lett. a) non rientra tra quelle armonizzate ai fini contributivi, che sui contributi in questione si continui ad applicare la contribuzione di solidarietà del 10% (a carico del datore di lavoro) e non la contribuzione piena (l’art. 12 della L. 153/1969, riformulato dal D.Lgs. 314/2017, stabilisce che: «i contributi e le somme a carico del datore di lavoro, versate o accantonate, sotto qualsiasi forma, a finanziamento …. a casse, fondi, gestioni previste da contratti collettivi o da accordi o da regolamenti aziendali, al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali o assistenziali a favore del lavoratore e suoi familiari nel corso del rapporto o dopo la sua cessazione. ….. sono assoggettati al contributo di solidarietà del 10 per cento ……»).
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