Agricoli: definiti i casi in cui scatta l’obbligo della contribuzione unificata
A cura della redazione
L’INPS, con la circolare 20/06/2019 n.94, ha precisato che sono tenuti all’assolvimento degli obblighi relativi alla contribuzione agricola unificata per gli operai assunti alle proprie dipendenze, i datori di lavoro, qualunque sia la forma giuridica e la struttura economica con la quale operano (ditta individuale, società, società cooperativa, consorzi, organizzazione di produttori), che svolgono in via principale una delle attività di cui all’articolo 2135, primo comma, del codice civile.
Nel caso in cui tesso l’imprenditore, persona fisica o persona giuridica, che esercita l’attività principale della coltivazione, dell’allevamento e della silvicoltura, svolga altre attività, queste sono considerate agricole nel rispetto del criterio della prevalenza, per cui le stesse attività devono avere ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali e, nel caso di fornitura di beni e servizi, mediante utilizzazione prevalente delle proprie risorse.
Tuttavia, nella definizione della connessione giuridica, sussistono ulteriori ipotesi in cui la normativa di riferimento ha sancito l’attribuzione della qualifica di imprenditore agricolo anche a quei soggetti che svolgono una delle attività connesse del processo produttivo in modo svincolato dalle attività principali della coltivazione, dell’allevamento e della silvicoltura.
In particolare, secondo l’art. 1, c.2 del D.Lgs. 228/2001 la natura di imprenditore agricolo è riferita esclusivamente alle cooperative di imprenditori agricoli e ai loro consorzi, la cui compagine sociale è composta integralmente da imprenditori agricoli, ovvero soggetti già in possesso della qualifica agricola in virtù del novellato articolo 2135 del codice civile, in quanto svolgono l’attività di coltivazione, di selvicoltura e allevamento di animali.
In questo caso l’inquadramento previdenziale nel settore dell’agricoltura ricorre tutte le volte in cui la cooperativa o il consorzio utilizzano, per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 2135, terzo comma, del codice civile, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico. Non è richiesto, quindi, che la cooperativa o il consorzio esercitino una delle attività principali di cui all’articolo 2135, primo e secondo comma, del codice civile, ma è necessario che l’intera compagine sociale sia composta da imprenditori agricoli.
È evidente, in tali casi, che i soci, in quanto produttori agricoli, devono avere l’iscrizione alla gestione previdenziale agricola per l’attività principale esercitata, con conseguente obbligo di denuncia aziendale e dichiarazione di manodopera occupata oppure l’iscrizione alla gestione autonoma dei coltivatori diretti o degli IAP, ove ne ricorrano i requisiti.
Restano invece distinte le cooperative di cui alla Legge 240/1984, ossia quelle di natura industriale o commerciale inquadrabili nei relativi settori previdenziali e che, solo in presenza di quanto stabilito dal dall’articolo 2, sono inquadrate nel settore dell’agricoltura.
Ricorre quindi l’obbligo dell’inquadramento nel settore dell’agricoltura quando l’attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione sia svolta in quantità prevalente su prodotti agricoli e zootecnici propri o conferiti dai soci.
Ne consegue che, ai fini dell’inquadramento nel settore agricolo, nella compagine sociale devono essere presenti uno o più soci produttori agricoli iscritti nella relativa gestione previdenziale.
In merito all’attività svolta tramite società, l’INPS evidenzia che ai sensi dell’art. 1, c. 1094 della L. 296/2006, si considerano imprenditori agricoli le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci.
Pertanto, fatta eccezione per le società per azioni, anche per le società opera il riconoscimento della qualifica di imprenditore agricolo alle condizioni di cui al comma 1094 del citato articolo di legge.
Ai fini dell’inquadramento nel settore dell’agricoltura occorre quindi che la società sia costituita da imprenditori agricoli e che le attività connesse siano svolte con i prodotti ceduti dai soci stessi.
Ne consegue che in tali ipotesi, le società devono ritenersi inquadrabili nel settore dell’agricoltura e tenute alla contribuzione unificata per gli operai dipendenti.
In conclusione, al fine di promuovere la corretta applicazione della normativa in questione, nel rispetto degli ambiti di attività dell’impresa agricola, occorre tenere presente che le attività di cui sopra devono essere esercitate nella dimensione tipica dell’impresa.
Pertanto, affinché possa riconoscersi la natura di imprenditore agricolo con riferimento alle attività di cui all’articolo 2135, terzo comma, del codice civile, è necessario che la manipolazione, la conservazione, la trasformazione, la commercializzazione e la valorizzazione dei prodotti conferiti dai soci, cosi come i servizi rivolti ai soci, siano svolti direttamente dalla cooperativa o dalla società, con i propri mezzi aziendali e con la direzione ed il controllo degli operai occupati.
Si esclude invece l’inquadramento nel settore dell’agricoltura per le società o società cooperative che, al di fuori dell’ambito organizzativo e operativo dell’impresa, si limitano ad assumere la manodopera per poi metterla a disposizione dei soci, peraltro potendo configurarsi in questi casi la violazione della normativa sul distacco di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, ed in materia di somministrazione di manodopera.
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