La Corte di Cassazione – sezione penale, con la sentenza 22/08/2019 n.36319, ha deciso che resta responsabile delle violazioni delle norme sulla sicurezza e quindi sanzionabile, il datore di lavoro che pur ottemperando alle prescrizioni che gli ispettori del lavoro hanno impartito, non provvede al pagamento della relativa oblazione.

Nel caso in esame, durante un’ispezione, ad un datore di lavoro è stata contestata la violazione delle norme antifortunistiche che dovevano essere adottate durante l’esecuzione di opere edili poste in essere su un tetto di un edificio.

Gli ispettori del lavoro hanno quindi prescritto al datore di lavoro di porre in essere i necessari presidi di sicurezza, obbligandolo anche al pagamento dell’oblazione.

Il datore di lavoro ha adempiuto, seppur tardivamente, agli obblighi gravanti in materia antinfortunistica, ma ha omesso il versamento dell’oblazione.

Il Tribunale ha così condannato il datore di lavoro alla pena di euro 3.000 di ammenda ritenendolo responsabile del reato di cui all’art. 159, c. 2, lett. a) del T.U. sicurezza.

Il datore di lavoro ha proposto ricorso in Cassazione, ma i giudici di legittimità hanno condiviso la sentenza del Tribunale, rilevando che se il pagamento dell’oblazione, cui il contravventore viene ammesso a seguito dell’eliminazione della violazione in conformità alle prescrizioni impartite dallo stesso ispettorato del lavoro che ha constatato l’irregolarità, configura una causa di estinzione di un reato (art. 24 D.Lgs. 758/1994) a fortiori il mancato pagamento della somma prescritta in sede amministrativa non elimina, per effetto del successivo adempimento, la contravvenzione già perfezionatasi in tutti i suoi elementi costitutivi al momento della constatazione, coincidente con il sopralluogo eseguito nel cantiere dal competente organo di controllo.

Inoltre, continua la Suprema Corte, la natura di reato di pericolo presunto rivestita dalla contravvenzione in esame implica una valutazione complessiva della condotta criminosa, sulla base degli elementi indicati dal primo comma dell’art. 133. C.p., correlata alla lesione potenziale del bene giuridico tutelato dalla norma penale (sicurezza sul lavoro) che prende in esame tutte le peculiarità della fattispecie concreta in termini di possibile disvalore.

Infine a nulla rileva il fatto che l’imputato sia incensurato dato che la mancanza di abitualità della condotta è elemento che deve sussistere congiuntamente e non alternativamente alla tenuità dell’offesa, così come inequivocabilmente prescritto dall’art. 131-bis, primo comma c.p.