Vigilanza privata: l’orario di lavoro è regolamentato solo dal contratto collettivo
A cura della redazione
Secondo l’INL (nota 30.11.2020 n. 1062) l’organizzazione dell’orario di lavoro del settore della vigilanza privata, comprensiva della disciplina delle ferie, dei riposi e delle pause dal lavoro, trova la propria regolamentazione esclusivamente nella fonte contrattuale e non anche nel D.lgs. 66/2003.
Ciò vale, senza ombra di dubbio, per tutti i servizi che possono essere espletati solo dagli operatori economici in possesso della licenza di cui all’art. 134 TULPS per lo svolgimento di servizi di vigilanza e investigazione privata.
Non rientrano invece nelle predette attività i c.d. servizi di portierato o di “global service”, attività liberalizzate a seguito della L. n. 340/2000, la cui individuazione è attualmente ricavata, secondo le indicazioni fornite dal Ministero dell’interno con circolare del 23 aprile 2019 attraverso “un processo ermeneutico “per differenza”, sottraendo cioè dall’insieme dei diversi servizi erogabili quelli che gli artt. 133 e 134 TULPS e i discendenti provvedimenti normativi riservano in esclusiva agli istituti di vigilanza privata ed alle guardie particolari giurate.”.
La mancata applicazione del Dlgs 66/2003 vale anche per il regime sanzionatorio previsto dall’art. 18 bis del medesimo decreto, ferma restando la piena utilizzabilità del nuovo potere di disposizione di cui all’art. 14 del D.Lgs. n. 124/2004 per indurre il datore di lavoro al rispetto di obblighi che trovano la propria fonte esclusiva nella contrattazione collettiva.
Invece L’INL ritiene che non è possibile escludere l’applicazione della disciplina di cui allo stesso D.Lgs. n. 66/2003 per quanto riguarda i c.d. “Servizi Fiduciari”.
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