Videosorveglianza vietata se chi controlla le immagini non è il datore di lavoro
A cura della redazione
L’INL, con la nota prot. n. 7482 del 15 dicembre 2022, diffondendo la sentenza del TAR Lazio n. 15644 del 23 novembre 2022, ha reso noto che se la titolarità e la responsabilità delle immagini acquisite attraverso impianti di videoregistrazione, montate sui mezzi di trasporto, fanno effettivamente capo ad un soggetto diverso dal datore di lavoro, l’autorizzazione all’installazione non può essere concessa.
Nel caso affrontato dal TAR del Lazio, un’azienda che svolge attività di trasporto per conto terzi ha stipulato un contratto di appalto con una società, la quale ha obbligato l’appaltatore ad installare sugli automezzi un sistema di videoregistrazione atto a verificare che le operazioni di scarico dei prodotti avvengano in maniera conforme alle regole di sicurezza ed agli accordi contrattuali. In breve il controllo a distanza ha una durata pari al tempo dello scarico delle merci trasportate.
Poiché l’operazione di videosorveglianza va ad incidere anche sul controllo a distanza dell’attività svolta dai dipendenti, l’azienda ha convocato le Organizzazioni sindacali al fine di sottoscrivere un accordo per l’installazione del citato sistema, ai sensi dell’art. 4 della L. 300/1970.
L’accordo però non è stato raggiunto, così l’azienda ha chiesto all’INL l’autorizzazione ad installare, sui propri mezzi di trasporto dei prodotti della società committente, il sistema di videoregistrazione, così come previsto nel contratto di appalto.
L’INL ha rigettato l’istanza sostenendo che non poteva essere rilasciata l’autorizzazione nel caso di specie perché l’istante (ossia il datore di lavoro/appaltatore) era soggetto diverso da colui che poi effettivamente avrebbe visionato le immagini raccolte (ossia il committente).
L’azienda ha cosi impugnato il provvedimento di rigetto davanti al TAR Lazio che a sua volta, con la sentenza n. 15644/2022, ha respinto il ricorso.
I giudici amministrativi hanno condiviso le motivazioni addotte dall’INL, evidenziando che, considerata la riconducibilità ad un soggetto diverso dal datore di lavoro delle ragioni giustificatrici di cui all’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, relative alla tutela del patrimonio aziendale, alla finalità di sicurezza ed incolumità del personale, nonché al corretto adempimento delle procedure organizzative e produttive, il sistema di videoregistrazione, così come concepito, va ritenuto inidoneo ad assolvere la funzione di minimizzazione delle conseguenze dannose, mancando la possibilità per il datore di lavoro, di intervenire in tempo reale in caso di eventi pericolosi per il lavoratore.
Inoltre, continua il TAR, non sussiste alla base del trattamento dei dati personali dei lavoratori, né un contratto di lavoro tra i dipendenti e la società committente, né il consenso prestato dagli interessati al titolare del trattamento (appaltante), dato che il provvedimento richiesto, avrebbe sostanzialmente autorizzato il trattamento dei dati da parte, non del datore di lavoro bensì della società committente.
In altri termini, se il provvedimento di autorizzazione fosse stato concesso, l’INL avrebbe legittimato un’attività invasiva rispetto alla libertà e dignità dei lavoratori, in favore di un soggetto terzo rispetto a quello datoriale nei cui confronti sarebbe risultato finanche precluso alle OO.SS. l’esercizio delle legittime prerogative sindacali di tutela dei lavoratori, segnatamente per le finalità di repressione della condotta antisindacale rilevante ai sensi dell’art. 28 della L. 300/1970.
Infine, il TAR coglie l’occasione per richiamare le pronunce della Corte di Cassazione n. 25732 e 25731 del 2021 secondo cui il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori non è legittimo ove non sia sorretto dalle esigenze indicate dalla norma (art. 4 L. 300/1970). Sicché il controllo fine a se stesso, eventualmente diretto ad accertare inadempimenti del lavoratore che attengano alla effettuazione della prestazione, continua ad essere vietato.
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