La Corte di Cassazione, con la sentenza 5 aprile 2017 n. 8823, ha deciso che il verbale ispettivo ha valore di prova piena solo per gli atti compiuti dagli ispettori e per le dichiarazioni dagli stessi raccolte, essendo del tutto irrilevante che esse siano state sottoscritte da colui che le ha rilasciate.

Nel caso esaminato dai giudici di legittimità, ad un datore di lavoro venivano richiesti per conto dell’INPS e dell’INAIL, contributi, premi, sanzioni ed interessi relativi a lavoratori che erano stati assunti da un altro soggetto in violazione del divieto di intermediazione di manodopera. Violazione questa accertata a seguito di verifica ispettiva.

Il convenuto lamentava violazione delle norme procedurali, dato che era stata attribuita efficacia confessoria alle dichiarazioni da lui rese agli agenti verbalizzanti, ma non sottoscritte, senza indagare sulle ragioni del suo rifiuto a sottoscriverle.

In merito all’efficacia probatoria dei verbali ispettivi, la Corte di Cassazione ha più volte affermato (da ultimo sent. 23800/2014) che nei giudizi il verbale di accertamento fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti, mentre la fede privilegiata del documento non si estende agli apprezzamenti e alle valutazioni del verbalizzante.

In coerenza con tale principio è stato affermato che i verbali non fanno fede dei fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, né dei fatti della cui verità essi si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche (Cass. sent. 10569/2001).

In merito alla veridicità delle dichiarazioni rese agli ispettori, secondo la Suprema Corte, spetta al giudice di merito valutarle nel complesso di ciò che è emerso dalla verifica ispettiva, tra cui particolare valore è stato attribuito alle testimonianze rese in giudizio dagli operai trovati intenti al lavoro, i quali hanno confermato di aver ricevuto ordini sul lavoro giorno per giorno dal titolare dell’azienda, di aver adoperato attrezzi, beni e materiali nella disponibilità del suddetto e di aver trovato sul luogo di lavoro solo di rado i titolari del consorzio del quale risultavano dipendenti.