Non è più una novità che anche il responsabile del servizio di prevenzione e protezione venga condannato a seguito di incidenti, pur ricoprendo un ruolo di consulenza all’interno delle organizzazioni. È il caso di una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, pronunciatasi il 20 novembre 2024 contro un RSPP che aveva mancato di segnalare un pericolo all’interno del DVR.

Il caso

Durante una gara di orienteering, sport dove i partecipanti devono raggiungere i punti indicati su una mappa nel minor tempo possibile, un minorenne era caduto in un pozzo dopo che aveva ceduto la copertura, perdendo la vita. Gli accertamenti avevano dimostrato che la copertura era in pessimo stati di conservazione e inidonea a costituire una protezione contro cadute accidentali.

Era stato poi contestato che nel DVR non era stata segnalata la presenza di questo pozzo nel parco in cui si svolse la competizione. Non solo, in prossimità del pozzo non vi era alcun segnale o cartello che indicasse il pericolo, in un’area che era di fatto accessibile e fruibile da chi visitasse il parco.

L’RSPP e il suo legale si sono opposti al giudizio della Corte di appello di Trieste, che aveva condannato il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, sostenendo che:

  1. la vittima non fosse destinataria dell’attività prevenzionistica, in quanto non sussisteva un rapporto di lavoro;
  2. la responsabilità ricadesse comunque sul datore di lavoro, come previsto dal D.Lgs. 81/08.

La decisione della Cassazione Penale

La Corte ha rigettato il ricorso, affermando che la prima motivazione è infondata, in quanto in contraddizione con il DVR che riporta che i rischi contemplati possono riguardare anche i visitatori del parco, come in questo caso. Inoltre, è stato ribadito il principio in giurisprudenza secondo cui le norme antinfortunistiche devono essere rivolte non solo ai lavoratori, ma anche ai terzi che si trovino sul luogo di lavoro.

Allo stesso modo era infondata la seconda motivazione del ricorso, in quanto viene riconosciuta la responsabilità del RSPP di non aver segnalato la situazione di pericolo, a cui poi doveva seguire l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle corrette misure di prevenzione, non avendo in questo modo svolto diligentemente il proprio ruolo.

Conclusioni

La sentenza ribadisce due concetti ormai assodati in giurisprudenza:

  • le misure di prevenzione e protezione in un ambiente di lavoro devono tutelare non solo i lavoratori che lì svolgono la propria attività, ma anche tutti coloro che per altre ragioni si trovino in quel luogo di lavoro;
  • l’RSPP, sebbene ricopra un ruolo non gestionale, ma di consulenza, ha l’obbligo di collaborare con il datore di lavoro nell’individuazione dei rischi e delle misure tecniche per mitigarli, in virtù della sua professionalità. Per questo, può essere chiamato a rispondere qualora si verifichino eventi causati da una mancanza rispetto ai propri compiti.