La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16263 del 20 giugno 2018, ha ribadito che, ai fini dell’applicabilità del regime previdenziale previsto dal comma 6 dell’art. 51 del TUIR per i trasfertisti, devono sussistere, contestualmente, le seguenti tre condizioni:

  1. la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro;
  2. lo svolgimento di un'attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;
  3. la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell'attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un'indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.

Ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale esistenza delle condizioni di cui sopra, non sia applicabile la disposizione prevista per i trasfertisti, sarà riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al comma 5 del medesimo art. 51.

La disposizione in esame, introdotta dall’art. 7-quinquies del DL 193/2016 (L. 225/2016) è stato considerato, dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite (sentenza 27093/2017), un principio di interpretazione autentica del citato comma 6, art. 51 TUIR, con efficacia retroattiva.

Si ricorda da ultimo, che, in presenza dei requisiti di cui sopra, le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all'espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità concorrono a formare il reddito nella misura del 50% del loro ammontare.