L’INPS, con il messaggio 14/06/2019 n.2272, ha precisato che se il trasferimento d’azienda è stato effettuato da un’azienda cedente in bonis (ossia quando è solvibile) il Fondo di garanzia del TFR può intervenire, per l’intero importo maturato, solo in caso di insolvenza del datore di lavoro cessionario, vale a dire dell’imprenditore che riveste la qualifica di datore di lavoro nel momento in cui si verifica la cessazione del rapporto di lavoro.

Invece quando il trasferimento d’azienda è attuato da aziende assoggettate a procedura concorsuale, è possibile derogare a tutto o ad alcune delle tutele previste dall’art. 2112 c.c.

In particolare, in caso di trasferimento attuato da aziende sottoposte a fallimento, concordato preventivo con cessione dei beni, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria, qualora non sia stata disposta o sia cessata la continuazione dell’attività, alla fattispecie dei lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l’acquirente non si applica l’articolo 2112 c.c., salvo che dall’accordo sindacale risultino condizioni di miglior favore.

Mentre, se il trasferimento è attuato da aziende poste in amministrazione straordinaria, in caso di continuazione dell’esercizio di impresa, e da aziende per le quali sia stata aperta una procedura di concordato preventivo, le disposizioni dell’articolo 2112 c.c. trovano applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo sindacale predetto.

L’INPS ha puoi fatto luce su un’altra questione: il caso in cui l’accordo preveda il passaggio dei lavoratori senza soluzione di continuità e in deroga alla responsabilità solidale tra cedente e cessionario per i crediti di lavoro esistenti all’atto del trasferimento.

In questo caso, il datore di lavoro cessionario non risponde del debito per TFR. Inoltre, in assenza di soluzione di continuità del rapporto, non si realizza la condizione di esigibilità del credito prevista dall’articolo 2120 c.c. (ossia la cessazione del rapporto di lavoro) e, quindi, del presupposto per l’intervento del Fondo di garanzia.

Poiché l’ordinamento non prevede, in tali ipotesi, l’obbligo per il cessionario in bonis di accollarsi i debiti del cedente verso i dipendenti, in assenza dell’intervento del Fondo di garanzia, i crediti dei lavoratori rimarrebbero privi di tutela, in contrasto con quanto previsto dalla direttiva 80/987/CEE (oggi 2008/94/CE).

Al fine di superare il contenzioso sorto in questi ultimi anni su quest’aspetto, l’INPS ritiene che il TFR (maturato nei confronti del cedente) possa essere considerato esigibile alla data del trasferimento. Ciò, del resto, in coerenza con quanto disposto dall’articolo 368, comma 4, lett. d), del decreto legislativo n. 14 del 2019.

Detta soluzione è rispettosa anche della direttiva 2001/23/CE, la quale, all’articolo 5, paragrafo 2, lett. a), prevede che nel caso di trasferimento d’azienda attuato da impresa insolvente (anche assoggettata a procedura non liquidatoria), uno Stato membro può disporre che i crediti vantati nei confronti del cedente non siano trasferiti al cessionario, purché la procedura concorsuale alla quale è assoggettato il datore di lavoro cedente dia titolo ad una protezione almeno equivalente a quella prevista dalla direttiva 80/987/CEE.

Infine, conclude l’INPS, anche in caso di affitto d’azienda fallita operato dal curatore, il credito per TFR, in presenza degli altri requisiti previsti dall’articolo 2 della legge n. 297/82, deve essere considerato esigibile all’atto del trasferimento.