Tracciabilità della retribuzione: la dichiarazione del dipendente non esonera il datore dalla prova
A cura della redazione
L’INL, con la nota n. 473 del 22 marzo 2021, ha chiarito che non ha rilevanza, ai fini dell’esclusione della responsabilità del datore di lavoro, la dichiarazione resa dal lavoratore che confermi di essere stato pagato con gli strumenti previsti dall’art. 1, c. 910, L. 205/2017, in assenza della relativa prova ricavabile dalla tracciabilità intrinseca di tali mezzi di pagamento.
A ben vedere è proprio in ragione della precipua capacità di tali strumenti di fornire prova del loro utilizzo che il legislatore li ha imposti ai fini del pagamento delle retribuzioni.
Per tale motivo, l’INL ha ribadito che l’osservanza dell’obbligo normativo è strettamente connesso alla effettiva tracciabilità delle operazioni di pagamento e alla loro possibile verifica da parte degli organi di vigilanza.
Ciò in particolare in riferimento a quei mezzi di pagamento che – sebbene non esplicitamente consentiti dalla legge – sono stati ritenuti comunque idonei ad assolvere alla funzione antielusiva della norma, in quanto pur sempre tracciabili, come ad esempio il pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente o conto di pagamento ordinario, soggetto alle dovute registrazioni e non un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento, come prescritto dalla lett. c) del c. 910.
Sussiste peraltro, per le medesime ragioni, in capo al datore di lavoro, un obbligo di conservazione della documentazione – in particolare delle ricevute di versamento – anche nei casi di versamenti effettuati su carta di credito prepagata intestata al lavoratore, non collegata ad un IBAN (ricompresa tra gli “strumenti di pagamento elettronico” previsti dalla lett. b del c. 910 dell’art. 1), al fine di garantire l’effettiva tracciabilità delle operazioni eseguite, anche attraverso la loro esibizione agli organi di vigilanza.
Resta salva, nelle ipotesi di dubbia corresponsione della retribuzione attraverso gli strumenti prescritti, la precisazione contenuta nella nota 7369/2018, che rimette pur sempre alla valutazione del personale ispettivo – sulla base delle circostanze del caso concreto e degli elementi acquisiti in sede di accertamento – l’eventuale attivazione delle ivi indicate procedure per le verifiche presso gli Istituti di credito, differenziate a seconda del sistema di pagamento adottato, anche per escludere “la corresponsione della retribuzione in contanti direttamente al lavoratore” e conseguentemente la sussistenza della fattispecie illecita prevista dalla norma.
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