L’INPS, con la circolare n. 40 del 19 marzo 2020, ha fornito un quadro riepilogativo delle tipologie di cessazione del rapporto di lavoro per cui si configura l’obbligo di versamento del c.d. ticket di licenziamento, introdotto con l’art. 2, commi 31-35, della L. 92/2012. Sono, inoltre, trattate le fattispecie di sussistenza del suddetto obbligo contributivo nelle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro cui consegua una prestazione pensionistica.

Il contributo è dovuto nei casi di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

I datori di lavoro sono tenuti all’assolvimento della contribuzione in tutti i casi in cui la cessazione del rapporto generi in capo al lavoratore il teorico diritto all’indennità NASpI, a prescindere dall’effettiva fruizione della stessa (art. 2, c. 31, della L. 92/2012).

Tanto considerato, la contribuzione è dovuta nei casi di cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato a seguito di licenziamento:

  • per giustificato motivo oggettivo; tale tipologia di licenziamento deve essere valorizzata all’interno del flusso UniEmens con il codice Tipo cessazione “1A”;
  • per giusta causa; a seguito di licenziamento disciplinare; per giustificato motivo soggettivo; tali licenziamenti andranno valorizzati all’interno del flusso UniEmens con il codice Tipo cessazione “1D”;
  • per le fattispecie di cui agli articoli 2 e seguenti del D.Lgs. 23/2015.

Il contributo è, altresì, dovuto in caso di dimissioni per giusta causa o di dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di maternità; tali tipologie devono essere valorizzate all’interno del flusso UniEmens con il codice Tipo cessazione “1S”.

Tra le fattispecie di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato che soggiacciono all’obbligo contributivo in argomento devono essere ricomprese anche le dimissioni rassegnate dal lavoratore ai sensi dell’art. 2112, c. 4, c.c. Il legislatore ha, infatti, previsto quale giusta causa di dimissioni nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda la sostanziale modifica delle condizioni di lavoro.

Il datore di lavoro è parimenti soggetto al contributo in questione nel caso di interruzione del rapporto di lavoro per rifiuto del lavoratore del trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 km dalla residenza del lavoratore o mediamente raggiungibile in oltre 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico.

Sussiste, altresì, l’obbligo contributivo in oggetto qualora l’interruzione del rapporto di lavoro intervenga a seguito di recesso del datore di lavoro ai sensi degli articoli 2118 c.c. e 2119 c.c. (codice cessazione di nuova istituzione “1T”), compresi i casi di recesso del datore di lavoro durante o al termine del periodo di prova o al termine del periodo di formazione dell’apprendista di cui all’articolo 42, comma 4, del D.Lgs. 81/2015, (la cessazione del rapporto di lavoro in applicazione di questa fattispecie dovrà essere esposta nel flusso UniEmens con il codice Tipo cessazione di nuova istituzione “1V”), fatto salvo quanto ulteriormente precisato al successivo paragrafo 4 della circolare INPS 40/2020 (cui si rimanda).

Tenuto conto che l’art. 7, c. 7, della L. 604/1966, come novellato dall’art. 1, c. 40, della L. 92/2012, dispone che a seguito della cessazione del rapporto di lavoro per risoluzione consensuale ai sensi del medesimo art. 7 della L. 604/1966 “si applicano le disposizione in materia di ASpI” (oggi NASpI), anche per tale fattispecie il datore di lavoro è tenuto al versamento del c.d. ticket di licenziamento. Le risoluzioni consensuali intervenute con tale procedura dovranno essere esposte all’interno del flusso UniEmens con il codice Tipo cessazione “1H”.

Il contributo in argomento è, altresì, dovuto nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione di cui all'art. 6 del D.Lgs. 23/2015.

Il Ministero del Lavoro, con interpello 13/2015, ha, infatti, chiarito che non è ostativo al riconoscimento dell’indennità NASpI l’ipotesi di licenziamento con accettazione dell'offerta di conciliazione di cui al citato art. 6 del D.Lgs. 23/2015.

Con il medesimo interpello è stato precisato che la risoluzione consensuale in questione non muta il titolo della cessazione del rapporto di lavoro, che resta il licenziamento, e pertanto tale fattispecie è da intendersi quale ipotesi di disoccupazione involontaria conseguente ad atto unilaterale di licenziamento del datore di lavoro.

La circolare 40/2020 ha, infine, chiarito quali siano la misura del contributo e le tipologie di cessazione per le quali il contributo non è dovuto.