Il grande aumento del lavoro da casa, iniziato con il Covid19, ha di fatto confuso il confine tra lavoro e vita domestica. Quest’estate, molte persone positive e asintomatiche hanno preferito lavorare da casa. In linea di massima, per una buona parte dei lavoratori, è possibile lavorare da casa quando non si sentono bene. Diversi studi scientifici pongono l’attenzione sulla decisione di continuare a lavorare e sul come decidere. Il cambio di vedute è evidente resenziare ad ogni costo, può essere controproducente per le persone e per le organizzazioni.

Cosa tratta ?

Il cosiddetto “presenzialismo”, inteso come presenza assidua e ostinata sul luogo di lavoro, a riunioni, meeting ecc, durante la pandemia ha assunto nuovi contorni. Essere sempre e comunque presenti, può esacerbare le infezioni ed avere un impatto negativo sulla produttività. Al contrario, ad esempio nei casi di long covid, se gestito correttamente e con una programmazione, può effettivamente svolgere un ruolo terapeutico e positivo nelle fasi di recupero e di riabilitazione. Il fenomeno è stato quindi oggetto di grande attenzione e studio. Soprattutto nel rapporto costi/benefici.

Una serie di ricercatori universitari, esperti in comportamento organizzativo e benessere sul luogo di lavoro ha pensato di creare un processo di supporto ai dipendenti, in modo da aiutarli a decidere se andare o meno, fisicamente sul luogo di lavoro. L’indagine sarà pubblicata nei prossimi mesi, da importanti ricercatori inglesi e cinesi in uno studio congiunto.

Dallo studio, emerge chiaramente che la cosa più importante per decidere se andare al lavoro, quando non si è in perfetta forma e capire se la cosa sia utile alla azienda o dannosa per la nostra salute, è proprio la scelta tra l’utilità di una assenza per malattia o un caparbio presenzialismo. Considerando da un lato la natura della malattia e dall’ altro le esigenze lavorative, è possibile avere dei distinguo più oggettivi e argomentati. Tutti sappiamo che questo processo decisionale avviene sempre, in tutti noi e in maniera molto rapida. Il rendersi consapevoli dei possibili passaggi, può aiutarci a riflettere, e diventare più consci di ciò che decidiamo.

La ricerca schematizza il processo in 4 fasi che ognuno di noi può valutare sul momento.

Primo step: Cosa è successo ? Quanto sono ammalato/colpito ?

Quando si presentano i primi sintomi (ad es. febbre, mal di gola, ecc) le persone hanno soglie molto diverse. La decisione tra l’opportunità di lavorare o prendersi una pausa non è mai univoca. Per alcune persone e alcune condizioni di salute la soglia di decisione può essere molto bassa, per altri può essere molto alta. E’ probabile che la decisione sia anche influenzata dal nostro stato di stress, e di conseguenza cambia in base alle diverse situazioni lavorative ed al contesto.  Decidere quindi individualmente, sulla base del proprio stato, considerando le sole condizioni di salute del momento, rendendole il più oggettive possibile.

Secondo step: chiedersi se si può e come adattare le nostre attività in termini di cosa, come, quando e quanto ci viene richiesto durante la giornata lavorativa. Ma soprattutto cosa è possibile e gestibile senza che questo diventi dannoso per la nostra salute.

Le scienze comportamentali insegnano che quando valutiamo tutte le opzioni, è improbabile che venga fatto in modo del tutto razionale ed oggettivo. Al contrario, le scelte saranno influenzate da vari fattori e soprattutto dal contesto. Molti sono portati a sottovalutare tanti sintomi. Tutti decidono poi sulla base del contesto e non dei sintomi. Ad esempio, in alcune organizzazioni la cultura e la storia aziendale  possono essere preponderanti, nessuno manca mai, la presenza viene vissuta come attaccamento all’organizzazione ecc. Come si comportano gli altri colleghi, cosa dicono gli altri colleghi e cosa fanno i leader, può essere molto importante. In alcune organizzazioni infine, le persone possono subire delle conseguenze più o meno gravi dopo aver preso un congedo e questo può portare a pensare che le assenze per malattia devono essere fatte solo nei casi più gravi, sottovalutando ad es. gli impatti infettivi.

Al contrario nelle organizzazioni in cui, soprattutto nel post pandemia, si è cercato di gestire l’equilibrio tra lavoro e vita privata, (ed in cui i manager hanno appoggiato questo cambio culturale) l’assenza per malattia è diventata una opzione fattibile, per una ampia gamma di problemi di salute. Meglio rimanere a casa, che contagiare i colleghi. Meglio rimanere al caldo un giorno, che aggravare una situazione che poi si risolverà in settimane. Anche la tutela delle persone più fragili, è al centro di una nuova cultura aziendale.

Terzo Step : Una volta individuate le possibili opzioni, passiamo a ciò che è desiderabile, sia in relazione ai propri obiettivi che alle aspettative degli altri. Quali sono i benefici ? Quali sono i rischi percepiti ? Quali sono le potenziali conseguenze della nostra scelta ?

In questa fase è molto importante non dare la priorità alle preoccupazioni lavorative, a cosa penseranno i colleghi, se la squadra di lavoro sarà in difficoltà, o se questo possa ripercuotersi sulla carriera o sulla eventuale promozione. E’ invece molto importante concentrarsi sui benefici : con il giorno libero, la mia salute migliorerà più velocemente ? Eviterò di contagiare gli altri e di bloccare di fatto interi reparti ?

Quarto step: Riflettere se la decisione è utile. E’ la decisione giusta per tutti ? Aiuta a raggiungere gli obiettivi (anche di salute) che ci eravamo prefissati ?

La novità è che nelle organizzazioni più attente all’ equilibrio casa lavoro, viene incentivata la comunicazione, sollecitando i lavoratori ad argomentare le proprie decisioni, nel pieno rispetto della privacy. Questo ultimo step, appare molto utile sia per i lavoratori che per i manager. (Oggi, sono rimasto a casa, perché non mi sento bene, preferisco lavorare da casa, in modo che guarisco più velocemente e non “contagio” nessuno).

I numeri dimostrano che soprattutto sulla terza e sulla quarta ondata pandemica, questi tipi di riflessione non sono stati effettuati, ed abbiamo assistito a numeri di contagi importanti anche sui luoghi di lavoro. Il sacrificare la salute per guadagni a breve termine (come rispettare una scadenza, dare continuità e presenza, evitare disapprovazione ecc) ha aumentato i contagi e bloccato le organizzazioni.

In questa nuova fase di endemizzazione del virus pandemico, ma soprattutto in questa nuova consapevolezza anche igienica dei comportamenti da adottare, lo scegliere di rimanere a casa, e continuare a lavorare da casa, può essere strategico per le organizzazioni, anche semplicemente per il virus influenzale e le assenze che ne possono derivare.

Il percorso di riflessione proposto e testato nelle successive ondate pandemiche del 2021 e 2022, sarà pubblicato a breve nel dettaglio con dati e testimonianze, ma può rivelarsi essenziale fin da subito, per aiutarci ad adattare il nostro comportamento su basi più scientifiche ed insegnare a prendere decisioni basate su evidenze oggettive che possano funzionare anche sul lungo termine.

Quando scade

Ovviamente non ci sono in questo caso scadenze operative. Il cambio culturale è già in atto : cambiano le abitudini e cambia soprattutto la percezione della malattia e delle assenze legata al malessere. Il presenzialismo, numeri alla mano, deve essere valutato con maggiore oggettività, in un epoca in cui lavorare da casa è possibile e può portare benefici sia al lavoratore che alla sua organizzazione.

Indicazioni operative:

  • Il percorso è stato pensato da psicologi aziendali e psicologi della salute di supporto ai dipartimenti delle risorse umane, per essere facilmente applicabile e portare benefici (e risparmi) nelle organizzazioni.
  • Una formazione a tutti i dipendenti anche breve, può aiutare a comprendere bene i meccanismi della scelta. Discorso analogo per comunicazioni e brevissime procedure.
  • Un cambio delle policy aziendali, nell’ ottica del benessere organizzativo e dell’ equilibrio casa-lavoro è ormai attuato da buona parte delle organizzazioni più grandi e multinazionali. Tutte sono concordi nelle scelte effettuate dal percorso descritto.
  • Anche in previsione della prossima ondata autunnale di influenza ecc,  viene richiesto un cambio di mentalità, alla ricerca dei benefici aziendali, anche davanti a scelte che possono sembrare poco ortodosse. Stare a casa un giorno, per guarire prima e meglio e soprattutto non rischiare di far ammalare altre persone, può essere più vantaggioso per tutti.
  • Infine occorre continuare ad avere cura ed attenzione per le persone fragili e le persone con esigenze speciali. Il percorso proposto va in quella direzione.
  • Infine occorre continuare ad avere cura ed attenzione per le persone fragili e le persone con esigenze speciali. Il percorso proposto va in quella direzione.