Terremoto centro Italia: i permessi per i volontari della protezione civile
A cura della redazione
Il recente sisma del 24 agosto 2016 che ha colpito l’Italia centrale ed in particolare i comuni di Accumoli, Amatrice (entrambi in provincia di Rieti) e Arquata del Tronto (Ascoli Piceno), consente di fare il punto della situazione sui permessi spettanti ai lavoratori dipendenti che svolgono il servizio di volontariato nella Protezione civile e che intervengono in quelle zone per prestare soccorso alla popolazione.
La fonte normativa dei citati permessi risiede nel DPR 194/2001 che obbliga il datore di lavoro a consentire al lavoratore dipendente che rivesta la qualifica di volontario della protezione civile di partecipare agli interventi di soccorso e assistenza per un periodo non superiore a 30 giorni continuativi e fino a 90 giorni nell'anno.
Invece se viene dichiarato lo stato di emergenza nazionale, per tutta la durata dello stesso, su autorizzazione dell'agenzia di protezione civile, e per i casi di effettiva necessità singolarmente individuati, i limiti massimi previsti per l'utilizzo dei volontari nelle attività di soccorso e assistenza possono essere elevati fino a 60 giorni continuativi e fino a 180 giorni nell'anno.
Permessi spettano anche per le attività di pianificazione, simulazione di emergenza e di formazione teorico-pratica. In questi casi i predetti limiti sono ridotti a un massimo di 10 giorni continuativi e fino a un massimo di 30 giorni nell'anno.
Quanto detto trova applicazione anche nel caso di iniziative ed attività, svolte all'estero, purché preventivamente autorizzate dall'agenzia di protezione civile.
Infine, sempre il citato provvedimento, riconosce ai lavoratori che organizzano l'attività il diritto di assentarsi e di fruire del trattamento economico anche durante le fasi preparatorie e quelle connesse alla realizzazione degli interventi di addestramento e soccorso.
In ogni caso ai volontari della protezione civile deve essere garantito il diritto alla salute e alla sicurezza, in maniera compatibile con il tipo di intervento cui sono chiamati e con l'urgenza che giustifica la loro opera (DPCM 28/11/2011, n. 231)
Per i periodi di assenza, nei limiti visti sopra, il lavoratore ha diritto a mantenere il posto di lavoro e a percepire il normale trattamento economico e previdenziale oltre alla relativa copertura assicurativa.
Il datore di lavoro, se ne fa richiesta, ha invece la possibilità di ottenere il rimborso degli emolumenti versati al lavoratore legittimamente impegnato come volontario.
Per ottenere detto rimborso deve presentare istanza all'autorità di protezione civile territorialmente competente, indicando analiticamente la qualifica professionale del dipendente, la retribuzione oraria o giornaliera spettante, le giornate di assenza dal lavoro e l'evento cui si riferisce il rimborso, nonché le modalità di accreditamento del medesimo.
L’istanza deve pervenire entro i 2 anni successivi alla conclusione dell'intervento, dell'esercitazione o dell'attività formativa. L'agenzia di protezione civile provvede ai rimborsi a favore dei datori di lavoro anche avvalendosi delle Regioni e degli altri enti competenti.
Poiché la norma fa riferimento solo agli emolumenti versati al lavoratore, si ritiene che i contributi versati dal datore di lavoro durante l'assenza del lavoratore non siano rimborsabili.
Come ricordato sopra il dipendente, durante il permesso per partecipare alle attività di protezione civile, ha diritto di ricevere la normale retribuzione che sarà quindi da assoggettare alle ordinarie ritenute fiscali.
Infine il datore di lavoro dovrà continuare a versare la normale contribuzione previdenziale, assistenziale e assicurativa avendo cura di trattenere dalla busta paga (prospetto paga/libro unico del lavoro) la quota di competenza del lavoratore.
Medesimo diritto di assentarsi dal lavoro spetta ai volontari del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico, che è una struttura operativa del Club Alpino Italiano, la cui disciplina è contenuta nella Legge 18 febbraio 1992, n. 162.
In caso di partecipazione ad operazioni di soccorso il lavoratore dovrà informare il datore di lavoro non appena gli sarà possibile, compatibilmente con le fondamentali esigenze del soccorso stesso, così da non far ritenere ingiustificata l’assenza dal lavoro.
La norma distingue tra operazioni di soccorso che si concludono in giornata, quelle che, pur concludendosi in giornata, durino più di otto ore e infine quelle che si protraggano oltre le ore 24,00 del giorno in cui sono iniziate.
Al fine di giustificare l’assenza e ottenere l’erogazione del relativo trattamento economico, è previsto che:
1) i capi stazione o i capi squadra del CNSAS attestino, tramite il delegato di zona, al sindaco o al suo delegato, il contingente nominativo e numerico dei volontari impiegati nelle operazioni di soccorso o di esercitazione, con l'indicazione dell'ora di inizio e fine delle operazioni;
2) il sindaco del comune ove le operazioni sono state espletate, o un suo delegato, nonché nel caso di comuni contigui, i sindaci dei comuni territorialmente competenti, o i loro delegati, in base a quanto attestato dal CNSAS, producono una dichiarazione da cui risulta l'impiego dei volontari in operazioni di soccorso o esercitazione;
3) il lavoratore consegna tale dichiarazione al proprio datore di lavoro, il quale registra sui documenti di lavoro l’avvenuto impiego del volontario in operazioni di soccorso o di esercitazione da cui sia conseguita l’astensione dal lavoro (art. 2, co. 4, D.M. 24.3.1994, n. 379).
Ai volontari che siano lavoratori dipendenti compete l'intero trattamento economico e previdenziale relativo ai giorni in cui si sono astenuti dal lavoro per le attività di soccorso o di esercitazione (co. 2, art. 1, Legge 162/1992). La retribuzione è corrisposta direttamente dal datore di lavoro, il quale ha facoltà di chiederne il rimborso all'istituto di previdenza cui il lavoratore è iscritto. La retribuzione è quella composta da tutti gli elementi rientranti nel concetto di paga globale di fatto giornaliera, che vengono corrisposti normalmente e in forma continuativa; la contribuzione previdenziale è, pertanto, quella normale (INPS, circ. 10 maggio 1995, n. 126), così come il regime fiscale.
Riproduzione riservata ©