Ormai da tempo si è diffuso l’utilizzo di tecnologie di realtà virtuale nella formazione e addestramento dei lavoratori che operano in ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento, formazione fino ad oggi priva di indicazioni normative specifiche, per cui si attende la ormai prossima pubblicazione del nuovo Accordo Stato-Regioni.

Vediamo perché questo strumento può fare la differenza.

Cosa tratta

Il lavoro in ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento presenta una serie di rischi importanti, fra cui:

  • asfissia per carenza di ossigeno;
  • intossicazione per esposizione ad agenti chimici pericolosi;
  • esposizione ad agenti biologici;
  • caduta dall'alto dell'infortunato;
  • contatto con organi di lavoro in movimento;
  • seppellimento per caduta di polverulenti dall'alto;
  • ustione o congelamento per esposizione a sostanze corrosive, a temperature elevate o molto basse;
  • annegamento in presenza di melma/fanghi o variazioni improvvise del livello di altri fluidi;
  • folgorazione per presenza di connessioni elettriche.

Non ci stupisce, quindi, che numerosi incidenti gravi e infortuni mortali avvengano in queste particolari condizioni.

Il lavoro in ambienti confinati richiede l’utilizzo di attrezzature e DPI specifici, fra cui DPI di III categoria, in condizioni ambientali e di lavoro particolarmente complesse, pericolose, in luoghi difficilmente accessibili. Di conseguenza, la formazione finora prevista per legge è risultata insufficiente a garantire una preparazione adeguata ai lavoratori e i dati hanno dimostrato che quanto previsto poi dal DPR 177/2011 non è stato sufficiente a migliorare il livello di prevenzioni di infortuni gravi.

Nel tempo ci sono stati altri tentativi di colmare il vuoto legislativo, fra cui i factsheet pubblicati nel 2021 da INAIL della serie “Ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento e assimilabili”: il documento sottolinea l’importanza dell’addestramento sul campo nella formazione degli operatori in spazi confinati e descrive le operazioni e le procedure che dovrebbero essere simulate, incluse le procedure di emergenza. Tutto ciò al fine di avere un riscontro effettivo ed immediato sul campo della conoscenza acquisita dal personale formato.

In questo contesto, la realtà virtuale permette di simulare sul campo una grande varietà di situazioni e di addestrare i lavoratori agli scenari più disparati, senza avere necessariamente tutte le dotazioni fisiche.

Il documento stesso afferma che, utilizzando i simulatori virtuali, gli utenti sono in grado di:

  1. effettuare valutazioni e scelte appropriate;
  2. fare una panoramica della situazione, considerando le condizioni del momento e il rischio correlato;
  3. esercitarsi a stimare il rischio potenziale correlato all’evoluzione della situazione;
  4. operare facilmente e in modo coordinato con le altre persone coinvolte nella simulazione (formazione cooperativa);
  5. definire l’azione da intraprendere considerando anche gli aspetti procedurali in un’evoluzione dinamica dello scenario;
  6. sperimentare scenari reali grazie all’uso di ambienti virtuali e tecnologie immersive (ad es. display montati sui caschi);
  7. allenarsi a reagire a contingenze e fallimenti generati stocasticamente (cioè guasti, incendi, esplosioni, ecc.);
  8. considerare i vincoli e le condizioni al contorno (disponibilità delle risorse, condizioni meteorologiche, ecc.).

Più recentemente, nell’art. 20 del decreto-legge del 30 aprile 2022 n. 36, i dispositivi di visione immersiva e realtà aumentata vengono indicati come possibili strumenti per il contrasto del fenomeno infortunistico nell’esecuzione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per il miglioramento degli standard di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Nella bozza definitiva dell’Accordo Stato-Regioni, che circola da giugno di quest’anno, finalmente si fa riferimento a queste tecnologie, ma le configura più come modalità da affiancare alle prove pratiche previste dallo stesso accordo. Il documento prevede, inoltre, un aggiornamento quinquennale della prova pratica, di almeno 4 ore.

Conclusioni

Quando si parla di lavoratori che operano in ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento, il livello di rischio che comporta questa attività ci deve portare a non lasciare nulla al caso nella programmazione di formazione e addestramento. Di conseguenza, al di là di quanto verrà poi effettivamente riportato nella pubblicazione ufficiale dell’accordo, è auspicabile sfruttare tutti gli strumenti di simulazione a disposizione, anche la realtà virtuale, già diffusa sul mercato.

Infine, è indispensabile ripetere periodicamente delle simulazioni, valutando se opportuno applicare una frequenza e una durata maggiore di quanto verrà previsto dalla normativa.

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