Sospensione del lavoratore per mancanza di commesse: l'ultima pronuncia della Cassazione
A cura della redazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza 16 aprile 2004 n. 7300, ha ribadito come la sospensione del lavoratore disposta unilateralmente dal datore di lavoro per mancanza di commesse non fa venir meno il diritto alla retribuzione.
Nella disciplina dei rapporti lavoro subordinato la retribuzione non spetta al lavoratore solo nel caso in cui la prestazione di lavoro sia diventata impossibile (artt. 1206, 1256, 1258 c.c.) ovvero sia stato stipulato un accordo modificativo del contratto individuale di lavoro, in forza al quale le reciproche prestazioni, lavoro contro retribuzione, risultino sospese per un certo periodo di tempo.
La sopravvenuta impossibilità della prestazione di lavoro deve discendere necessariamente da fatti non addebitabili al datore di lavoro, in quanto non prevedibili nè evitabili, né riferibili a carenze di programmazione o di organizzazione aziendale o a calo di commesse o a crisi economiche o congiunturali o strutturali.
Al di fuori delle ipotesi di impossibilità sopravvenuta, e in mancanza di apposito accordo, il lavoratore sospeso ha quindi diritto a percepire la retribuzione e non è tenuto a provare di aver messo a disposizione del datore di lavoro le sue energie lavorative durante la sospensione unilaterale, in quanto si realizza un'ipotesi di mora credendi.