Silice cristallina : istruzioni per l’uso
A cura della redazione
Il D.Lgs. n. 44 del 01 giugno 2020 ha aggiornato l’elenco delle sostanze e dei processi cancerogeni, ed ha incluso tra le lavorazioni che comportano un rischio cancerogeno i “lavori comportanti esposizione a polvere di silice cristallina respirabile generata da un procedimento di lavorazione”, fissando un valore limite di esposizione professionale.
Le forme cristalline della silice sono quelle di maggiore interesse per la medicina del lavoro e per l’igiene industriale, perché responsabili di patologie a carattere invalidante. L’esposizione alle polveri contenenti Sl-c è causa della silicosi, per lungo tempo la malattia professionale più importante registrata tra i lavoratori del nostro paese. La copertura assicurativa obbligatoria contro la silicosi venne istituita in Italia nel 1943, ritenendo già allora che questa specifica tecnopatia, proprio per le gravi conseguenze invalidanti, dovesse essere protetta da una tutela speciale. La cancerogenicità della silice cristallina (SI-c) era nota da tempo, anche solo come conseguenza diretta di silicosi acuta/cronica e descritta in bibliografia fin dagli anni Ottanta dello scorso secolo (IARC 1987), ma diventa evidente con la revisione del 1997 del documento IARC stesso, in cui si citano una serie importante di documenti che contribuivano a dare evidenze dell’ associazione tra silice cristallina e cancro polmonare.
A distanza di ulteriori venti anni, è iniziato un percorso di sensibilizzazione e stimolo alla valutazione dell’ esposizione nelle lavorazioni a rischio che fatica a farsi spazio.
Cosa tratta
L'inquinamento da polveri di silice aerodisperse è stato oggetto di monitoraggio in vari comparti industriali italiani. Molti dati sono stati pubblicati su importanti riviste scientifiche ma anche riportati in atti di convegni regionali/nazionali organizzati dalla rete nazionale dei Servizi di Prevenzione nei luoghi di lavoro e dalla Associazione degli Igienisti Industriali. Molti dati ambientali sono stati raccolti anche dalla CONTARP-INAIL. Nel complesso possiamo affermare che il "rischio silicotigeno" è stato nel nostro paese discretamente monitorato, rispetto ad altri rischi non certo meno importanti per la gravità delle patologie ad essi connesse.
Nel contempo esistono molte situazioni-comparti che potremmo definire "orfani" per i quali non sono ad oggi disponibili risultati di monitoraggi ambientali idonei ad una definizione dell'esposizione. Fanno parte di questi l'agricoltura e l'edilizia abitativa e stradale (escluso i lavori di perforazione di tunnel) che annoverano peraltro un altissimo numero di addetti. Gli studi evidenziano come al diminuire della grandezza e della granulometria delle particelle, aumenti il pericolo delle conseguenze derivanti dall’ inalazione delle stesse. I rischi più grandi sono collegati a particelle inferiori a 4 micron, da sempre conosciuti come “frazione respirabile” e che, non efficacemente separati a livello nasale, riescono a raggiungere direttamente gli alveoli polmonari. Una volta inalate regolarmente per esposizione professionale prolungata le polveri contenenti silice cristallina possono causare
- silicosi,
- tubercolosi polmonare,
- malattie respiratorie croniche ostruttive,
- cancro polmonare.
La silicosi acuta, conseguente ad esposizioni ad elevate concentrazioni ambientali di silice cristallina si manifesta entro un periodo temporale che varia tra le poche settimane e 5 anni dall’esposizione, si manifesta con difficoltà respiratorie, tosse e perdita di peso seguiti da un rapido deterioramento del quadro respiratorio che può risultare fatale entro 1-2 anni.
La silicosi accelerata è il risultato di esposizioni ad elevate dosi di silice cristallina e insorge tra i 5 ed i 10 anni dall’esposizione può determinare il decesso entro dieci anni dall’insorgenza. Entrambe queste forme di silicosi sono rare e sono state associate con i processi di sabbiatura.
La silicosi cronica è la forma più comune di silicosi e si manifesta dopo dieci anni di esposizione a dosi ambientali di silice cristallina relativamente basse. Le difficoltà respiratorie iniziali peggiorano col tempo sino a determinare il decesso. Nei soggetti affetti da silicosi si riscontra una mortalità per tubercolosi più elevata rispetto a quella rilevabile in presenza di altre pneumoconiosi, asbestosi ed in assenza di silicosi e/o altre pneumoconiosi (NIOSH, 2002).
Obblighi dei datori di lavoro
Ai sensi dell’art. 235 del D.lgs. 81/2008, è necessario valutare se sia tecnicamente possibile sostituire i materiali che possono liberare la SI-c con altri materiali meno pericolosi. In caso affermativo, il Datore di lavoro deve provvedere alla sostituzione dei materiali e alla revisione dei processi lavorativi. In alternativa (e come accade quasi sempre nella quotidianità), è necessario adottare una serie di misure di prevenzione e protezione stringenti, con l’obiettivo dichiarato di ridurre al valore più basso possibile il livello di esposizione dei lavoratori. Tra le varie possibilità di intervento la norma e le linee guida elencano:
- Riduzione della durata di esposizione di ogni singolo lavoratore;
- Riduzione del numero di lavoratori esposti;
- Utilizzo di tali sostanze in zone dedicate e/o in un sistema chiuso;
- Installazione di appositi impianti di aspirazione;
- Procedure di pulizia e riduzione polveri quotidiane;
- Fornitura di appositi DPI per la protezione delle vie respiratorie (facciali filtranti ffp3, sistemi elettroventilati, ecc);
- Politiche di gestione dei dpi e del vestiario inquinato.
Sempre con riferimento alla normativa vigente (Art. 237 (lettera d) D.lgs. 81/2008), è necessario provvedere alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l’efficacia delle misure e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente. Importante ricordare che l’Allegato XLIII del D.lgs. 81/2008 impone un valore limite (sulle 8 ore) pari a 0,1 mg/m3 per la polvere di silice cristallina respirabile. I lavoratori esposti alla SI-c devono essere obbligatoriamente sottoposti alla sorveglianza sanitaria e che per gli stessi dovrà essere aperto il registro di esposizione, ai sensi dell’art. 243 del D.lgs. 81/2008, da aggiornare con cadenza triennale (salvo modifiche sostanziali nel processo produttivo). Infine il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, ove ne ricorrano le condizioni, segnala la necessità che la stessa prosegua anche dopo che è cessata l’esposizione, per il periodo di tempo che ritiene necessario per la tutela della salute del lavoratore interessato. Il medico competente fornisce, altresì, al lavoratore indicazioni riguardo all’opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari, anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa, sulla base dello stato di salute del medesimo e dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche.
Eccellenze italiane
Sul territorio nazionale si distingue l’azione portata avanti per il settore ceramico, dall' Emilia-Romagna, dove ormai da tempo è prassi consolidata condividere accordi/protocolli tra la Regione, le AUSL di Modena e Reggio Emilia (dove sono concentrate in prevalenza le ditte del comparto piastrelle), e le parti sociali rappresentate da Confindustria Ceramica, ACIMAC (Associazione Costruttori Italiani Macchine e Attrezzature per Ceramica) nonchè le Organizzazioni Sindacali di categoria (FILCTEM CGIL, FEMCA CISL, UILTEC UIL). I documenti sono allegati al presente articolo come esempio di buona prassi. Questo approccio anticipa di fatto con efficacia quello che dovrà essere l’impostazione del vigente Piano Nazionale della Prevenzione, ripresa dal Piano della Prevenzione Regionale dell’Emilia-Romagna (valido per i prossimi cinque anni), il quale attribuisce all’intersettorialità un notevole impatto sull’efficacia degli interventi su tutti i determinanti di salute. Si evidenzia come le alleanze e le sinergie tra tutte le diverse forze, così come lo sviluppo di collaborazioni possano ottenere ottimi risultati finalizzati ad attivare ruoli e responsabilità di tutti gli Attori, (istituzionali e non - del territorio). I risultati raggiunti nel settore della ceramica, per una migliore tutela della salute e sicurezza sul lavoro, rappresentano un esempio a livello nazionale tra le ben note e imprescindibili esigenze produttive e di competitività aziendale e protocolli prevenzionali efficaci, attraverso l’univoca interpretazione della normativa vigente.
La valutazione del rischio silicosi presenta ancora oggi diverse criticità dovute all’assenza di orientamenti istituzionali chiari riguardo ai sistemi da adottare per campionare le polveri, alla scarsa diffusione di programmi di controllo di qualità delle prestazioni dei laboratori nei quali si eseguono le analisi e, non ultima in ordine di importanza, alla mancanza di protocolli nazionali di applicazione della normativa vigente sul modello di quelli visti nel settore ceramico emiliano.
Quando scade
Il D.Lgs. n. 44 del 01 giugno 2020 non forniva proroghe ed era applicabile fin da subito.
Indicazioni operative.
Portale Silice Cristallina INAIL
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