La Corte Suprema ha confermato la condanna di A.A., gestore de facto di un rifugio per cani, per lesioni personali gravi ai danni di un volontario, aggravate dalla violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Nonostante il ricorso presentato, la Corte ha stabilito che, data la sua posizione dirigenziale, il gestore aveva la responsabilità di garantire la sicurezza dei volontari. La sentenza sottolinea l'importanza della formazione adeguata e dell'uso di dispositivi di protezione individuale nei luoghi di lavoro, anche in contesti non tradizionali (come un rifugio per cani).

Cosa tratta:

La recente sentenza della Corte di Cassazione (Sez. 4, 02 luglio 2024, n. 25756) ha gettato una luce nuova sulla questione della sicurezza sul lavoro, soprattutto per quanto riguarda i volontari. La sentenza ha grande impatto, soprattutto nell’ampio e frastagliato mondo del volontariato italiano. Questa sentenza ha avuto e avrà un impatto molto significativo sulla definizione della posizione di garanzia, un concetto fondamentale nel nostro ordinamento giuridico.Il caso riguarda un incidente avvenuto in un rifugio per cani, dove una volontaria è stata attaccata da un pitbull. Questo evento ha portato alla condanna del gestore del rifugio per lesioni personali gravi, aggravate dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. La Suprema Corte ha infatti respinto il ricorso di A.A., gestore de facto del rifugio amatoriale per cani "Amore e coccole a 4 zampe", confermando la sentenza della Corte d'Appello di Torino del 22 giugno 2023. A.A. è stato ritenuto colpevole del reato di lesioni personali gravi ai danni di B.B., aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.Il rifugio, situato a F, località Piano, su un terreno di proprietà di A.A., è stato al centro dell'attenzione quando B.B. è stata aggredita da un pitbull chiamato Fango o Fanko, mentre tentava di trasferirlo dalla gabbia al recinto di sgambamento. L'incidente, avvenuto la mattina del 12 agosto 2016, ha provocato a B.B. il maciullamento dell'arto superiore sinistro e una ferita profonda all'arto superiore destro. A.A. è stato accusato di non aver fornito ai volontari del rifugio una formazione adeguata sui rischi prevedibili legati alla cura quotidiana dei cani, in particolare quelli più aggressivi e pericolosi.

La posizione di garanzia impone al datore di lavoro, o a chi ne esercita le funzioni, una serie di obblighi volti a prevenire infortuni e garantire la salute dei lavoratori. In questo caso, la Corte ha stabilito che l'imputato, pur non essendo formalmente un datore di lavoro, esercitava un potere organizzativo e direttivo all'interno della struttura, equiparabile a quello di un datore di lavoro.Un altro aspetto cruciale della sentenza riguarda la mancata fornitura di dispositivi di protezione individuale (DPI) e l'insufficiente formazione e informazione dei volontari.

E’ stato infatti rilevato che la struttura non era dotata di idonei dispositivi di protezione individuale. Il difensore di A.A. ha presentato ricorso contro la sentenza d'appello, sollevando diverse questioni, tra cui la violazione di vari articoli del codice di procedura penale e l'erronea applicazione di diverse normative regionali e nazionali. Tuttavia, la Corte Suprema ha rigettato il ricorso, sostenendo che A.A., in virtù del suo ruolo dirigenziale nel rifugio, aveva assunto una posizione di garanzia nei confronti di chi prestava lavoro al suo interno, anche su base volontaria.

A chiudere

La Corte ha ribadito che il gestore del rifugio, in quanto titolare della struttura e organizzatore delle attività, aveva l'obbligo di garantire queste misure di prevenzione, nonostante la natura volontaria del rapporto di lavoro. La sentenza della Cassazione Penale n. 25756 del 2024 offre un importante chiarimento sui doveri di chi gestisce strutture qualificabili come ambiente di lavoro con personale volontario. Questo caso sottolinea che la sicurezza sul lavoro è un diritto inalienabile di tutti i lavoratori, siano essi dipendenti o volontari, e che i responsabili delle strutture devono attuare rigorosamente le normative di sicurezza per evitare gravi conseguenze legali e, soprattutto, per proteggere la salute e la sicurezza di chi opera nei loro ambienti.

In allegato il testo integrale della sentenza.