La Corte di Cassazione ha pronunciato la sentenza 24 giugno 2022 n. 24388, con cui ha confermato la condanna per sfruttamento dei lavoratori di un datore che aveva fittiziamente trasformato i rapporti di lavoro da full-time a part-time, senza che vi fosse un effettivo minor impiego, in termini orari, dei dipendenti.

Nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte, tutti i lavoratori, dalla loro assunzione, che inizialmente era in full-time, erano stati resi edotti della circostanza per cui avrebbero dovuto lavorare per un numero di ore superiore a quello previsto nella contrattazione collettiva. Successivamente, i dipendenti avevano subìto una modifica unilaterale del contratto di lavoro, passando da un contratto subordinato full-time ad uno part-time. Tuttavia, nonostante la modifica del contratto, i dipendenti continuavano a lavorare per un numero di ore corrispondenti al contratto a tempo pieno, percependo la retribuzione prevista dal c.c.n.l. relativa ai contratti part-time. Inoltre, i lavoratori non usufruivano delle ferie, della riduzione dell'orario lavoro, dei giorni di assenza e permesso previsti dalla contrattazione collettiva, lavorando sostanzialmente tutti i giorni, per un numero di ore pari a 48 ore settimanali in alta stagione.

Quanto al requisito dell'approfittamento dello stato di bisogno, necessario perché si perfezioni la fattispecie dello sfruttamento, le dipendenti si erano viste costrette ad accettare le condizioni imposte per la necessità di mantenere un'occupazione, non esistendo, nel contesto in cui era maturata la vicenda, possibili reali alternative di lavoro.