Il Consiglio di Stato, con la decisione 09/09/2008 n.4293, ha sancito che se la madre non ha diritto di fruire dei riposi giornalieri per allattamento in quanto casalinga, ne può fruire il padre lavoratore.
I Giudici hanno interpretato in modo estensivo la disposizione normativa contenuta nel DLgs 151/2001 secondo cui i riposi giornalieri possono essere fruiti dal padre lavoratore quanto:
a - i figli sono affidati solo al padre,
b - in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvale,
c - nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente
d - in caso di morte o grave infermità della madre.
Nel caso in cui ricorra l'ipotesi c) perché il padre possa fruirne la prassi ha sempre chiesto in questi anni che la madre fosse almeno lavoratrice autonoma (artigiana, commerciante, coltivatrice diretta, colona, mezzadra, imprenditrice agricola professionale, parasubordinata o libera professionista) con diritto ad un trattamento economico di maternità a carico dell'INPS o altro ente previdenziale.
Il Consiglio di Stato invece ha evidenziato che con il termine "lavoratrice" previsto dal T.U. della maternità deve essere inteso il soggetto femminile che sostiene non solo la maternità, ma anche la famiglia nel rispetto dell'art. 31 della Costituzione.
Ne consegue che non può non considerarsi lavoratrice anche la madre casalinga, essendo anch'essa comunque impegnata in compiti che possono distoglierla dalla cura del neonato. 
Anche la Corte di Cassazione si era pronunciata con la sentenza 20324/2005 sul problema del lavoro casalingo e aveva deciso che anche chi svolge attività domestica sia nell'ambito di un nucleo familiare, anche basato su una stabile convivenza, sia in favore di se stesso, benché non percepisca reddito, svolge un'attività suscettibile di valutazione economica.