Contributi e fisco
Risposte dell'Agenzia delle entrate agli incontri con la stampa specializzata
A cura della redazione
L'Agenzia delle entrate, con la circolare 19/06/2002 n.54 ha fornito le risposte ai quesiti formulati durante gli incontri con la stampa specializzata del 21 maggio 2002 e 10 giugno 2002.
Relativamente al mondo del lavoro si evidenziano le seguenti risposte:
CONTRIBUTI AL FASI
D I contributi versati al FASI sono deducibili?
R Per quanto concerne la disciplina applicabile ai contributi per assistenza sanitaria versati al FASI si rammenta che alcune istruzioni sono state gia impartite da questa Amministrazione, in particolare con la circolare n. 55/E del 1999. Si ricorda che detti contributi sono versati, in base al relativo statuto, dalle imprese industriali per i dirigenti in servizio e per quelli in pensione. Una parte della contribuzione è, inoltre, a carico dei dirigenti in servizio ed in pensione che abbiano aderito al FASI. I contributi versati per i dirigenti in servizio, tanto dal datore di lavoro quanto dai dirigenti stessi, sono esclusi, in applicazione della disposizione prevista dall'articolo 48, lettera a) del Tuir, dalla formazione del reddito di lavoro dipendente del dirigente interessato per un importo complessivo non superiore al limite stabilito dalla richiamata norma (fino all'anno 2002 ? 3615,20).
Resta fermo che eventuali contributi versati in eccedenza rispetto al predetto limite devono essere computati (per la parte eccedente) nella determinazione del reddito.
Per quanto concerne, invece, i dirigenti in pensione, la quota di contributi a loro carico non è in alcun modo deducibile in quanto, essendo cessato il rapporto di lavoro, non può trovare applicazione la norma di cui all'art.48, comma 2, lettera a), del TUIR.
I contributi al FASI versati dal datore per i pensionati - in misura cumulativa - non assumono per questi ultimi rilevanza reddituale, né consentono ai pensionati stessi di fruire di una deduzione dal reddito.
COMPENSI CORRISPOSTI AI LAVORATORI DIPENDENTI
D I compensi corrisposti ai lavoratori dipendenti da parte del professionista, relativi al mese di dicembre 2001 e pagati nel periodo dal 1° al 12 gennaio 2002, in quale periodo d'imposta sono deducibili?
R In applicazione del principio di cassa assumono rilevanza, ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, solo le spese effettivamente sostenute dal professionista o artista nel periodo d'imposta, nell'esercizio della professione o arte esercitata.
Si ritiene pertanto che i compensi corrisposti dal professionista a lavoratori dipendenti nel periodo dal 1° al 12 gennaio 2002, ancorché riferiti a prestazioni rese nel 2001, devono essere dedotti dal reddito del professionista nel periodo d'imposta in cui avviene l'effettiva e documentata corresponsione del compenso e pertanto nel periodo d'imposta 2002.
Infatti, il criterio c.d. di "cassa allargata", previsto dall'art.48, comma 1, ultimo periodo, del TUIR, trova applicazione solo in relazione ai redditi di lavoro dipendente e assimilati.
LAVORO DIPENDENTE ALL'ESTERO
D: Un lavoratore dipendente che lavora all'estero, si trova ad essere considerato per l'anno 2001, in base alle rispettive legislazioni nazionali, residente fiscale sia in Italia, sia in Francia. Si chiede di sapere se nel caso di specie sia possibile applicare direttamente la Convenzione Italia- Francia, che all'articolo 4 determina i casi di residenza e se, conseguentemente, sia
possibile escludere il reddito di lavoro dipendente prodotto all'estero dalla base imponibile (sia in sede di sostituzione d'imposta sia in dichiarazione dei redditi) nel caso in cui per effetto del citato articolo 4 il contribuente risulti residente in Francia.
R: Nei casi in cui, a fini impositivi, sia incerto se definire un soggetto residente di uno Stato o di un altro, si può ricorrere alla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata fra i due Stati. Nella fattispecie gli Stati coinvolti sono l'Italia e la Francia.
Come correttamente ipotizzato dall'istante, al fine di determinare la residenza è possibile, in questo caso, applicare il secondo paragrafo dell'articolo 4 della Convenzione Italia-Francia il quale fornisce appositi criteri che consentono di determinare la residenza in modo univoco.
Relativamente alle modalità di imposizione, qualora si sia accertato che, in base ai suddetti criteri, il dipendente risiede in Francia e lì svolga la sua attività di lavoro dipendente, detti redditi saranno imponibili in tale Stato in via esclusiva, ai sensi dell'articolo 15, primo paragrafo, della suddetta Convenzione.
DEDUCIBILITÀ PER IL PROFESSIONISTA DEL COSTO DI ACQUISTO DI UN'ENCICLOPEDIA
D. Il costo di acquisto di una enciclopedia o di un dizionario enciclopedico risulta deducibile dal reddito di un professionista?
R. Come è noto la determinazione del reddito di lavoro autonomo è disciplinata dall'articolo 50 del TUIR. Tale articolo individua in generale, al comma 1, i compensi e le spese da considerare al fine della determinazione del reddito, ed ai commi successivi detta disposizioni specifiche per determinati beni acquistati dal professionista. Per quanto riguarda i costi sostenuti per l'acquisto di una enciclopedia o di un dizionario enciclopedico, in assenza di previsioni specifiche, la deducibilità di tali costi va determinata con riferimento ai principi generali affermati dal comma 1 del citato articolo 50.
Detto comma, individuando i costi ammessi in deduzione, fa riferimento alle spese sostenute nel periodo d'imposta nell'esercizio dell'arte o della professione. In merito allo specifico caso prospettato, si ritiene che il costo di acquisto di una enciclopedia o di un dizionario enciclopedico sia deducibile solo nel caso in cui risulta l'inerenza diretta dell'opera all'attività professionale esercitata. Occorre quindi che l'enciclopedia contenga informazioni e nozioni di carattere specialistico, specificamente rivolte al settore professionale cui appartiene il contribuente.
EMERSIONE LAVORO SOMMERSO
D.: Si chiede conferma che il costo del lavoro che risulta dalla dichiarazione di emersione presentata da titolari di reddito d'impresa e di lavoro autonomo che si sono avvalsi della procedura prevista dalla legge n. 383/2001 per la regolarizzazione dei propri dipendenti, sia un costo effettivamente deducibile, così come indicato nelle istruzioni della dichiarazione dei redditi modello
Unico 2002.
R.: Come noto, nella dichiarazione di emersione presentata dai datori di lavoro che intendono regolarizzare la posizione lavorativa dei propri dipendenti, deve essere indicato il costo del lavoro emerso per effetto della dichiarazione stessa. Tale costo è costituito dalle spese per prestazioni di lavoro effettivamente sostenute dal datore di lavoro nel primo periodo d'imposta agevolato, da assumersi secondo un importo comunque non inferiore a quanto previsto dai contratti collettivi nazionali di riferimento.
Per quanto concerne la compilazione dell'annuale dichiarazione dei redditi, modello Unico 2002, in sede di determinazione del reddito d'impresa o di lavoro autonomo tale costo deve essere indicato unitamente all'ammontare complessivo di quanto corrisposto a titolo di retribuzione al personale dipendente e assimilato e specificatamente evidenziato nel campo appositamente predisposto.
D Si intende procedere alla regolarizzazione della tardiva presentazione (entro ovanta giorni dal termine) della dichiarazione unica ai fini IRPEG, IRAP ed IVA. Occorre pagare tante sanzioni ridotte quanti sono i tributi oppure è sufficiente corrispondere una sola sanzione?
R. Ai fini della regolarizzazione della tardiva presentazione della dichiarazione unificata IRPEG, IRAP ed IVA, entro novanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione, è previsto il pagamento delle sanzioni ridotte ad un ottavo del minimo, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Nel caso in esame è necessario procedere al pagamento della sanzione nella misura ridotta di un ottavo del minimo, prevista per ciascuna delle suddette dichiarazioni presentate tardivamente. L'obbligo di presentazione in forma unificata delle dichiarazioni in oggetto è una mera modalità di adempimento dell'obbligo di presentazione, ferma restando l'autonomia di ciascuna dichiarazione, essendo il relativo obbligo previsto dalle singole leggi d'imposta. Il modello Unico, in altri termini, è un modello unificato mediante il quale è possibile presentare più dichiarazioni fiscali e in particolare la dichiarazione dei redditi, dell'IVA, dell'IRAP e dei sostituti d'imposta.
D Come è sanzionato il contribuente che nonostante sia obbligato a trasmettere in via telematica la dichiarazione provvede a consegnarla entro il 31 luglio ad un istituto bancario o postale che la accetta regolarmente e rilascia la prevista ricevuta?
R Le disposizioni dettate dall'articolo 3 del DPR 22 luglio 1998, n. 322, come modificato dall'articolo 3 del DPR 7 dicembre 2001 n. 435, individuano in modo tassativo le modalità di presentazione della dichiarazione che sono vincolanti per il contribuente.
Per i contribuenti tenuti a utilizzare il servizio telematico, difatti, l'obbligo di presentazione della dichiarazione deve ritenersi assolto solo a seguito della corretta e tempestiva ricezione telematica della dichiarazione da parte dell'Agenzia delle Entrate. In tal caso, la prova dell'avvenuta presentazione della dichiarazione è data, ai sensi dell'articolo 3, comma 10, del DPR n. 322
del 1998, dalla comunicazione dell'Agenzia attestante la avvenuta ricezione e non dalla ricevuta della banca o posta cui sia stato erroneamente consegnato il modello cartaceo.
Ne consegue che la dichiarazione resa secondo modalità diversa da quella prescritta per la categoria di appartenenza del contribuente (nel caso in esame, la dichiarazione presentata tramite banca o posta in luogo di quella da presentare obbligatoriamente in via telematica) è da ritenersi sanzionabile da258 euro a 2065 euro, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in quanto la dichiarazione non è redatta in conformità al modello approvato.
In tal senso devono intendersi superate le istruzioni in merito date con la circolare del 25 gennaio 2002 n. 6.
D. Se un contribuente procede al versamento delle imposte entro i termini di cuiall'articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 472 del 1997 ma non procede a sanare la violazione relativa all'omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, la sanzione irrogabile rimane comunque quella fissa di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 471 del 1997 in quanto l'imposta risulta comunque versata dal contribuente?
R. Nel caso in esame è stata omessa la presentazione della dichiarazione e il versamento delle relative imposte; il contribuente provvede a regolarizzare solo il versamento delle imposte ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 472 del 1997, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la
violazione, oltre agli interessi e alla sanzione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 241 del 1997, ridotta al sei per cento (ossia un quinto del trenta per cento) di ogni importo non versato.
Ovviamente, il ravvedimento è possibile se non sono iniziati accessi, ispezioni, verifiche ed altre attività di accertamento delle quali il contribuente sia formalmente a conoscenza.
Riguardo alla violazione relativa all'omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, qualora l'imposta accertata dall'ufficio sia stata completamente versata dal contribuente e, dunque, non sono dovute maggiori imposte rispetto a quelle già versate, si applica la sanzione da 258 a 1032 euro, ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 471 del 1997, aumentabile fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili.
Ciò in quanto per imposta dovuta si ritiene che debba intendersi la differenza tra l'imposta accertata e quella versata a qualsiasi titolo.
MODELLO F24
D E' sanzionabile il contribuente che presenta in ritardo il modello F24 a saldo zero e comunque prima che sia iniziata una qualunque attività di controllo rimuovendo così la causa dell'impedimento dell'attività di controllo cui è subordinata la non sanzionabilità delle violazioni formali?
R A norma dell'articolo 19, comma 3, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, il modello di pagamento F24 deve essere presentato anche nel caso in cui il saldo finale sia pari a zero, ossia qualora le somme dovute risultino totalmente compensate.
L'omessa o ritardata presentazione del modello F24 a saldo zero, determina l'applicazione, ai sensi del successivo comma 4, della sanzione amministrativa di lire 300.000 (154 euro), ridotta a lire 100.000 (51 euro) se il ritardo non è superiore a cinque giorni lavorativi.
Non si applica, invece, alla violazione in esame, la causa di non punibilità di cui all'articolo 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, modificato dal decreto legislativo 26 gennaio 2001 n. 32, in quanto non si è in presenza di violazione meramente formale bensì di violazione che arreca "pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo".
TERMINI PER I VERSAMENTI
D Visto che l'articolo 2 del decreto legge n. 63 del 2002 menziona i soggetti che approvano il bilancio, deve ritenersi che un ente commerciale che approva un "rendiconto" deve effettuare il versamento dell'IRPEG e dell'IRAP entro il giorno 20 del sesto mese successivo rispetto alla chiusura del periodo d'imposta, con la possibilità di effettuare lo stesso nei trenta giorni successivi, con la maggiorazione dello 0,40 per cento, non rilevando mai la data di approvazione del rendiconto?
R La disposizione contenuta nell'articolo 2 del decreto legge n. 63 del 2002 secondo cui i soggetti che, in base a disposizioni di legge, approvano il bilancio oltre quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio versano le imposte a saldo entro il giorno 20 del mese successivo a quello di approvazione del bilancio, si applica in generale anche ai soggetti che, in base a disposizioni di
legge, approvano il rendiconto oltre il quarto mese dalla data di chiusura dell'esercizio.
Così, ad esempio, gli enti locali che, a norma dell'articolo 151, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, approvano il rendiconto entro il 30 giugno dell'anno successivo, verseranno le imposte dovute entro il ventesimo
giorno del mese successivo a quello di scadenza per l'approvazione del rendiconto senza alcuna maggiorazione, ovvero entro trenta giorni da tale data con la maggiorazione dello 0,40 per cento.
Tali scadenze restano ferme anche nel caso in cui il rendiconto non sia approvato nei termini previsti dalla legge.
D Una società di capitali con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare che statutariamente prevede che la convocazione dell'assemblea per l'approvazione del bilancio deve essere effettuata esclusivamente nei quattro mesi, se convoca l'assemblea in prima convocazione il 30 aprile e approva il bilancio in seconda convocazione l'8 maggio 2002, deve eseguire il versamento delle imposte entro il 20 maggio od entro il 20 giugno (fatta salva in tutte e due le ipotesi la possibilità di eseguire il pagamento nei 30 giorni, con la maggiorazione dello 0,40 per cento)? In sostanza, nel caso di specie il bilancio deve intendersi approvato "nei termini di legge"?
R Benché il quesito risulti formulato non correttamente si evidenzia che i contribuenti obbligati ad approvare il bilancio entro l'ordinario termine di quattro mesi dalla data di chiusura del periodo d'imposta, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legge n. 63 del 2002, devono versare le imposte a saldo ed in acconto risultanti dalle dichiarazioni relative all'IRPEG ed all'IRAP,
compresa quella unificata, entro il giorno 20 del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta, senza alcuna maggiorazione, ovvero entro trenta giorni da tale data con la maggiorazione dello 0,40 per cento.
Ne consegue che se una società con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare è obbligata ad approvare il bilancio entro il 30 aprile le imposte devono essere versate entro il 20 giugno senza alcuna maggiorazione, ovvero entro il 20 luglio con la maggiorazione dello 0,40 per cento, a nulla rilevando se il bilancio è approvato in prima o in seconda convocazione.
A nulla rileva, in particolare, per tali soggetti l'approvazione del bilancio oltre il termine statutario di quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio in quanto, come si evince dal tenore letterale della norma, il termine di versamento delle imposte in tale ipotesi è sganciato dalla data di approvazione del bilancio.
D. Si chiede se il richiamo al termine di approvazione del bilancio contenuto nell'articolo 2 del decreto legge n. 63 del 2002 sia da intendersi come destinato alla generalità dei soggetti IRPEG, ovvero diretto ai soli soggetti che per effetto, ad esempio, di discipline di settore possono approvare il bilancio oltre i quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio. Nell'ipotesi in cui la norma sia destinata a tutti i soggetti IRPEG, si chiede di conoscere quali siano gli effetti di un'eventuale approvazione del bilancio in seconda convocazione, se cioè deve essere confermata la posizione già espressa nella circolare n. 144 del 1998 (che affermava la sostanziale irrilevanza dell'approvazione del bilancio in seconda convocazione), ovvero si debba dare rilievo alla data di effettiva approvazione del bilancio.
R. L'articolo 2 del decreto legge n. 63 del 2002 dispone, come regola generale, che il versamento delle imposte a saldo ed in acconto da parte dei soggetti che presentano la dichiarazione relativa all'IRPEG, all'IRAP, compresa quella unificata, è effettuato entro il giorno 20 del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta.
Tale termine che, per i soggetti con il periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, scade il 20 giugno 2002, deve essere osservato dai soggetti che non sono tenuti all'approvazione del bilancio e di quelli che approvano il bilancio entro l'ordinario termine di quattro mesi dalla data di chiusura del periodo d'imposta.
In tale circostanza, anche se il bilancio viene approvato in seconda convocazione, oltre i quattro mesi, l'imposta deve essere versata, in ogni caso, entro il giorno 20 del sesto mese dalla data di chiusura del periodo d'imposta.
Inoltre, ai sensi del citato l'articolo 2 i soggetti che, in base a disposizioni di legge, approvano il bilancio oltre quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio, devono versare le imposte a saldo entro il giorno 20 del mese successivo a quello di approvazione del bilancio. Entro tale data effettuano il versamento anche i soggetti che si avvalgono delle disposizioni si cui all'ultimo periodo del secondo comma dell'articolo 2364 del codice civile, secondo cui l'atto costitutivo può stabilire un termine maggiore per l'approvazione del bilancio, in ogni caso non superiore a sei mesi, qualora particolari esigenze lo richiedano.
Per espressa previsione del citato articolo 2 del decreto legge n. 63, se il bilancio non viene approvato entro il termine stabilito, il versamento è effettuato, comunque, entro il giorno 20 del mese successivo alla scadenza del termine stesso.
Ciò premesso, se la società approva il bilancio in seconda convocazione, ma entro il termine stabilito dalla legge, ai fini del versamento rileva la data effettiva di approvazione del bilancio.
Se, invece, la data della seconda convocazione è successiva al termine fissato per l'approvazione del bilancio, il versamento deve essere effettuato entro il giorno 20 del mese successivo alla scadenza di tale termine.
Così, ad esempio, una società tenuta ad approvare il bilancio entro il 30 giugno, anche nel caso in cui lo stesso sia approvato il 10 luglio in seconda convocazione, deve comunque versare le imposte entro il 20 luglio.
Qualora, invece, una società pur avendo come termine ultimo di approvazione il 30 giugno approvi il bilancio, in seconda convocazione, in data 30 maggio, deve versare le imposte entro il 20 giugno.
D. Si chiede se una società con periodo d'imposta chiuso al 30 settembre 2001 conservi come termini di pagamento delle imposte il 30 aprile 2002 in quanto, a norma del decreto legge n. 63 del 2002, il nuovo termine di scadenza, fissato al 20 marzo 2002, era già scaduto.
R. La risposta è affermativa in quanto, nel caso in esame, sono già scaduti i nuovi termini di versamento di cui all'articolo 17 del DPR n. 435 del 2001, come modificato dall'articolo 2 del decreto legge n. 63 del 2002, in vigore dal 18 aprile 2002.
Infatti, se la società chiude il periodo d'imposta il 30 settembre 2001, applicando i nuovi termini di versamento, dovrebbe versare il saldo e l'acconto delle imposte entro il 20 del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta, ossia entro il 20 marzo 2002, data anteriore all'entrata in vigore del novellato articolo 17 del DPR n. 435 del 2001.
Pertanto, la società con periodo d'imposta chiuso al 30 settembre 2001 continua ad applicare i termini stabiliti dal citato articolo 17 nella sua formulazione originaria, effettuando i versamenti delle imposte a titolo di saldo ed acconto entro il 30 aprile 2002, ossia entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura dell'esercizio.
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