La gestione del rischio psicosociale si rivolge alle condizioni sociali ed organizzative nelle quali possono svilupparsi disagi. I fattori psicosociali riguardano l’organizzazione del lavoro, i fattori sociali sul lavoro, gli aspetti dell' ambiente di lavoro, le attrezzature e le attività pericolose e possono essere presenti in tutte le organizzazioni e settori e da tutti i tipi di attività lavorative, comparti, indipendentemente dal tipo di contratto e accordo di lavoro applicato ed applicabile. Lo stress lavoro correlato quindi è uno dei fattori di rischio cosiddetti ubiquitari, cioè presenti in qualsiasi organizzazione e ambiente di lavoro

Cosa tratta?

Sempre lei, ancora lei. La pandemia. Al di là dei disagi e dei disastri imputabili alla pandemia, è indubbio che abbia indotto una fortissima spinta e una grande accelerazione verso il digitale, in un paese in cui il digitale ha sempre fatto grande fatica e in cui il digital divide ci colloca al terz’ultimo posto dei paesi europei. (Indice UE -DESI 2020).

Ma insieme al deciso passo in avanti e ai vantaggi che questa repentina accelerazione ha avuto, occorre registrare la conferma della diffusione e lo sviluppo crescente  di nuovi rischi professionali già conosciuti e analizzati. La pandemia ha accelerato anche il tecnostress.

L’uso spesso eccessivo di strumenti tecnologici, unito al gestire un numero sempre crescente di informazioni, e soprattutto alla fretta nel processare dette informazioni, provoca una sindrome conosciuta dal lontano 1984 e nota con il nome di “tecnostress”. Lo psicologo americano Craig Brod che per primo scrive di tecnostress, lo definisce come “una moderna malattia dell’adattamento causata dall’incapacità di far fronte alle nuove tecnologie informatiche in modo sano”.

Una definizione perfetta che di fatto è rimasta la principale, anche se nel nuovo secolo, si è pensato da più parti di ampliarla a concetti più estesi ed arrivando a definirla come: “qualsiasi impatto negativo su atteggiamenti, pensieri, comportamenti o sulla psicologia causati direttamente o indirettamente dalla tecnologia”.

Stamani, guardo sulla mia scrivania mentre scrivo queste righe, e posso semplicemente contare :

·  1 smartwatch, gli auricolari bluetooth, 1 tablet

· 1 pc portatile collegato a due monitor fissi, con accesso ad internet e alla VPN aziendale.

· 2 smartphone (il classico : uno personale e l’altro aziendale).

 In una situazione di normalità operativa come questa, si parla di iperconnessione e della difficoltà spesso sottovalutata di gestire tutto il sovraccarico di informazioni che arrivano a me, nel momento in cui scrivo,  da almeno 5 devices, tra loro anche interconnessi. (la stessa notifica arriva almeno allo smartphone, allo smartwatch e al tablet…). E’ facile capire che il lavoro sia in qualche modo aumentato, anche solo per gestire questo costante multitasking su più dispositivi. Aumenta la mole di lavoro ma aumenta sia la velocità richiesta nella reazione e nella risposta ma anche e soprattutto gli errori e tutti i problemi di carattere tecnico e perché no ansiogeno che tutta questa complessità porta. Il lavoro da remoto ha amplificato tutti questi fenomeni, ed i vantaggi sperimentati durante il lock down, fanno pensare che non sia più possibile tornare indietro.

Il tecnostress appare pressoché quotidianamente in una serie di mansioni ed attività che convivono con l’iperconnessione e le otto/dieci ore davanti al pc e si manifesta essenzialmente in due tipi di sintomi facilmente riassumibili : sintomi corporali e sintomi psicologici.

Come per tutti gli altri tipi di stress tra i sintomi corporali troviamo in primis insonnia e/o disturbi del sonno seguiti da tutti i sintomi tipici anche delle altre sindromi da SLC (Stress Lavoro Correlato):

1.      Disturbi gastrointestinali e cardiovascolari;

2.      Cefalee, emicranie;

3.      Astenia e sindrome da fatica cronica;

4.      Aumento della frequenza cardiaca;

5.      Formicolio agli arti, sudorazione; dolore cervicale;

6.      Disturbi ormonali (e mestruali nelle donne);

7.      Disturbi della pelle legati allo stress (psoriasi, dermatite). 

 

Anche i sintomi psicologici appaiono molto “classici” del SLC, con irritabilità e depressione ai primi posti seguiti da cambiamenti e/o eccessi comportamentali, disturbi della sfera sessuale, crisi di pianto e apatia.

E’ importante sottolineare che spesso ci si trova davanti ad una pluralità di sintomi miscelati tra fisici e mentali, in quanto hanno carattere prettamente soggettivo e proprio per questi motivi, difficili da riconoscere nell’ immediatezza. Il tecnostress, non si vede e difficilmente si capisce in tempo.

Se protratto e non identificato, può portare esattamente come le altre forme di SLC ad una forte ( a volte totale) inabilità nel lavoro, ma anche nella sfera privata, che inizia di solito con amnesie e perdite di memoria e sfocia in assenteismo, apatia e ridotta funzionalità professionale, simili ad esempio a quelle manifestate nel burn-out. La differenza risiede nel tipo di agente e nel tipo di attività (sanitarie, manageriali e dell’ insegnamento nel burn-out, tecnologiche nel tecnostress), ma non nella sintomatologia e nei disagi alla persona.

Esattamente come nelle altre forme di SLC, gli effetti del tecnostress ricadono in primis sul lavoratore ma anche sull’ intera organizzazione e in ultimo sulla società, come ben teorizzato dal Dr. Cooper nel 1976.

In letteratura si trova ampio riscontro di fattori che predispongono e inducono al tecnostress e al contrario vengono elencati una serie di fattori che è ormai provato che sono in grado di moderare fino ad inibire il tecnostress.

Ed arriviamo alle misure di prevenzione e di protezione.

I metodi di controllo e riduzione sono in primis organizzativi. La formazione e l’informazione sui sistemi tecnologici, sui vari cambiamenti e su come utilizzarli, può di fatto ridurre in maniera significativa il tecnostress.

Anche la comunicazione aperta e costante può ridurre stress e ansia. Informare sul come gestire i cambiamenti unita ad una campagna di comunicazione aziendale che faccia luce sui miglioramenti e sulle nuove opportunità, viene progettata e pianificata dalle grandi organizzazioni per aiutare i lavoratori a superare il tecnostress, preventivando di fatto ansie e paure. I risultati sono ben noti e ripagano ampiamente gli sforzi.

Diversi documenti di carattere legislativo, hanno iniziato poi ad introdurre il tema del diritto alla disconnessione e di conseguenza al poter non essere reperibili al di fuori dell’ orario di lavoro. (Si veda ad es. il Piano Organizzativo del Lavoro Agile -PdCM marzo 2021). Il tema appare di fondamentale importanza per la riduzione del tecnostress e diverse nazioni europee (francia e germania su tutte) hanno iniziato a legiferare in tal senso.

Infine la progettazione di nuove tecnologie, la riorganizzazione dei processi  e nuovi supporti alle persone, (che di fatto stanno affrontando un nuovo e forte reskilling) effettuate con un occhio attento alla salute, al benessere e all’ inclusività, posso ridurre i fenomeni di SLC e di conseguenza anche di tecnostress.

Quando entra in vigore.

La valutazione dello stress lavoro correlato è obbligatoria dal 2008. Una sentenza del tribunale di Torino del 2007, fornisce le prime indicazioni sul tecnostress. Inail lo ha di fatto riconosciuto e regolamentato dal 2014. Si stima infine che il 50 % della popolazione lavorativa possa avere un problema di salute, una condizione invalidante sul lungo periodo e/o una disabilità. Le ricerche affermano che oltre un terzo dei dipendenti afferma di avere un problema di salute e di non averlo riferito all’ azienda. La salute mentale è il problema più comune, ma anche ipertensione, artrite e diabete sono normalmente mantenuti riservati. In questo panorama è facile capire come il tecnostress, sia ancora un taboo nel mondo del lavoro, sia da parte delle aziende che dei lavoratori stessi ed appare  ancora difficile prevenire e trovare segnali di disagio. Il lavoro da remoto ha acuito sintomi e problematiche, ma ha anche aumentato la difficoltà di comprensione e reperimento dei segnali e delle avvisaglie collegati allo SLC.

 

Indicazioni operative

Proviamo a diversificare per prevenire :

1. Offrire flessibilità sull'orario e sul luogo di lavoro, offrendo politiche di lavoro più flessibili.

2.  Comunicare, formare, e informare i lavoratori sulle tecnologie, sui cambiamenti e sull’ organizzazione.

3. Supportare i dipendenti sui permessi, su problemi di salute e/o sul ritorno al lavoro.

4. Premiare e riconoscere regolarmente il lavoro dei dipendenti.

5. Fornire supporto per la salute anche mentale dei lavoratori, introducendoli come argomenti di conversazione e comunicazione cercando di coinvolgere i dipendenti

6. Mettere in atto regolari audit programmati, soprattutto per i lavoratori remoti o ibridi.