Rischi psicosociali - Mobbing: caratteristiche e tutele
A cura della redazione
La gestione del rischio psicosociale si rivolge alle condizioni sociali ed organizzative nelle quali possono svilupparsi disagi. I fattori psicosociali riguardano l’organizzazione del lavoro, i fattori sociali sul lavoro, gli aspetti dell’ambiente di lavoro, le attrezzature e le attività pericolose e possono essere presenti in tutte le organizzazioni e settori e da tutti i tipi di attività lavorative, comparti, indipendentemente dal tipo di contratto e accordo di lavoro applicato ed applicabile. Lo stress lavoro correlato quindi è uno dei fattori di rischio cosiddetti ubiquitari, cioè presenti in qualsiasi organizzazione e ambiente di lavoro. L'universo dei rischi psicosociali è molto ampio, dopo aver affrontato gli aspetti relativi al tecnostress e alle violenze nei luoghi di lavoro, in questo articolo affrontiamo il mobbing e le sue diverse declinazioni.
Cosa tratta?
Il termine “mobbing” deriva dall’inglese “to mob”, verbo che significa “aggredire, attaccare”. Come tanti altri termini di derivazione anglosassone, anch’esso è entrato ormai a far parte dell’uso comune e identifica tutti quei comportamenti aggressivi e persecutori posti in essere sul luogo di lavoro, al fine di colpire ed emarginare la persona che ne è vittima.
Quest’ultima infatti può essere oggetto di comportamenti vessatori tra i quali:
- Isolamento all’interno dell’ambiente lavorativo (sede o postazione disagevole);
- Esclusione dai programmi di lavoro quali riunioni, progetti, corsi di formazione e aggiornamento, comunicazioni aziendali, ecc.;
- Comportamenti ostili, battute, insulti fino ad arrivare a campagne diffamatorie;
- Demansionamento e perfino sottrazione delle mansioni svolte fino a quel momento;
- Sovraccarico di lavoro;
- Controllo invasivo da parte del Datore di Lavoro sulla gestione della propria attività;
- Privazione di benefit, diritti classici quali permessi e ferie o addirittura licenziamento immotivato;
- Violenze sul piano fisico e riguardanti la sfera sessuale.
Tra le tipologie di mobbing il più diffuso è il mobbing verticale, che si sviluppa tra soggetti collocati a diversi livelli della scala gerarchica aziendale e che può essere a sua volta discendente o ascendente. Nel primo caso, anche detto “bossing”, la condotta vessatoria viene messa in atto dal Datore di Lavoro o da un superiore nei confronti di un suo subordinato. Nel caso del mobbing ascendente o “low mobbing”, è il lavoratore ad un livello più basso che cerca di ledere la reputazione delle figure aziendali apicali a seguito di un loro comportamento ritenuto inidoneo o per futili motivi.
Gli elementi costitutivi di queste tipologie di mobbing sono:
- Una serie di comportamenti di carattere persecutorio (illeciti o anche leciti se considerati singolarmente) attuati contro la vittima in modo mirato, sistematico e prolungato nel tempo;
- L’evento lesivo della salute, della personalità e della dignità del soggetto;
- Il nesso di causalità tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima;
- L’intento persecutorio che fa da sfondo a tutti i comportamenti ostili.
Tra le forme più attenuate di mobbing vi è anche lo “straining” che prevede un’azione unica e isolata i cui effetti però permangono nel tempo (es. demansionamento o trasferimento di sede), provocando stress e disagi superiori rispetto a quelli normalmente legati all’attività lavorativa. Anche questo comportamento può causare gravi disturbi psico-fisici nella vittima.
Le motivazioni che possono celarsi dietro gli atti mobbizzanti sono molteplici ma spesso riconducibili ad alcune macro categorie ripetitive quali ad esempio:
- Volontà di aggirare la normativa sulla tutela del posto di lavoro e/o sui licenziamenti
- Ricerca di un capro espiatorio
- Crisi economica aziendale
- Motivazioni di carattere personale
- Differenze di sesso, razza, religione
- Molestie anche sessuali, violenze
Nonostante il fallimento delle proposte legislative italiane volte a tutelare le vittime di questi comportamenti e il mancato riconoscimento di uno specifico reato di mobbing, l’ordinamento mette comunque a disposizione del soggetto vari strumenti di tutela sia a livello costituzionale sia seguendo le norme del codice civile. Tra questi ultimi possiamo citare l’art. 2087, l’art. 2103, gli artt. 1175 e 1375, l’art. 2043 e l’art. 2049. La stessa giurisprudenza ha più volte negli anni riconosciuto fattispecie criminose previste dal codice penale.
Cosa fare?
Il mobbing, in quanto fenomeno disfunzionale dell’organizzazione lavorativa, capace di compromettere salute e benessere dei lavoratori, costituisce un fattore di rischio di tipo psicosociale.
In Italia per la valutazione e quantificazione del danno da mobbing si è adottato il modello elaborato dallo psicologo Harald Ege. Per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, seppure nel Testo Unico non vengono citate esplicite indicazioni a procedure per la valutazione del mobbing, viene comunque considerato una delle cause di stress e come tale deve essere considerato dal datore di lavoro nella valutazione di tutti i rischi.
Quando entra in vigore
La valutazione dello stress lavoro correlato è obbligatoria dal 2008. Seppure non espressamente specificato nella norma, il mobbing rientra tra gli aspetti da considerare all’interno della valutazione dello stress lavoro correlato, in quanto estremamente impattante sulla salute e sulla vita lavorativa della persona coinvolta.
Indicazioni operative
Tra le misure di prevenzione e protezione del rischio si raccomandano:
- Periodiche iniziative di tipo informativo verso tutto il personale volte a rimarcare l’importanza di un clima aziendale rispettoso;
- Sensibilizzazione rivolta al medico competente al fine di rilevare tempestivamente manifestazioni sintomatiche causate dal mobbing ed eventuale supporto al suo ruolo da parte di figure professionali quali psicologi del lavoro;
- Iniziative di formazione rivolte alle figure in capo alla gerarchia aziendale che mirino a sensibilizzare sull’importanza delle relazioni interpersonali;
- Rafforzamento del ruolo del RLS, anello di giunzione tra la Direzione e i lavoratori, utile a recepire e riferire eventuali segnalazioni su situazioni di malessere.
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