La gestione del rischio psicosociale si rivolge alle condizioni sociali ed organizzative nelle quali possono svilupparsi disagi. I fattori psicosociali riguardano l’organizzazione del lavoro, i fattori sociali sul lavoro, gli aspetti dell’ambiente di lavoro, le attrezzature e le attività pericolose e possono essere presenti in tutte le organizzazioni e settori e da tutti i tipi di attività lavorative, comparti, indipendentemente dal tipo di contratto e accordo di lavoro applicato ed applicabile. Lo stress lavoro correlato quindi è uno dei fattori di rischio cosiddetti ubiquitari, cioè presenti in qualsiasi organizzazione e ambiente di lavoro. L'universo dei rischi psicosociali è molto ampio, dopo aver affrontato gli aspetti relativi al tecnostress, alle violenze nei luoghi di lavoro e al mobbing, in questo articolo affrontiamo la sindrome del burnout.

Cosa tratta?

Il burnout, tradotto letteralmente come “bruciato, esaurito”, viene definito come una sindrome di esaurimento emotivo, di depersonalizzazione e derealizzazione personale. La pandemia da Covid ha portato alla luce ed aumentato quello che era un problema già diffuso da tempo, infatti nel 2019 l’OMS ha riconosciuto il burnout come fenomeno occupazionale e concettualizzato come sindrome causata da stress cronico, mal gestito o non gestito, sul posto di lavoro.

Esso si manifesta in maniera preponderante in quelle professioni che hanno lo scopo di prendersi cura degli altri (operatori sanitari come medici, infermieri, psicologi, ecc.) ma negli anni si è evidenziato come anche tutte le professioni che hanno elevate implicazioni relazionali con il pubblico o con un’utenza soffrono di questa sindrome: ne sono esempio l’avvocato, il ristoratore, il centralinista, il consulente.

Negli ultimi anni infatti, secondo un report Indeed su un campione di 1500 lavoratori, prima della pandemia il 43% di loro soffriva di burnout contro il 52% del 2021 e la fascia più colpita sembrerebbe quella dei giovani.

La sindrome tende a svilupparsi quando c’è un forte divario tra la natura del lavoro e la natura della persona che lo svolge, in particolare quando le condizioni e le richieste eccedono la capacità del soggetto di gestirle. Esistono sicuramente fattori individuali che influenzano l’insorgere della sindrome ma vari studi hanno dimostrato che i fattori lavorativi e organizzativi contribuiscono al burnout almeno tanto quanto loro.

Alcune delle cause legate allo sviluppo di questo fenomeno, dal punto di vista lavorativo, sono:

  • Carichi di lavoro eccessivi e di irreale attuazione;
  • Mancanza di controllo e organizzazione;
  • Gratificazioni insufficienti o assenti;
  • Crollo del senso di appartenenza;
  • Scarsa remunerazione;
  • Assenza di equità;
  • Valori contrastanti.

Il burnout ha tre componenti:

  1. Esaurimento: quando una persona è sottopressione e sente di aver oltrepassato il limite sia a livello emozionale che fisico, si sente prosciugata, incapace di rilassarsi e di recuperare;
  2. Cinismo: la persona assume un atteggiamento freddo e distaccato dal lavoro, cercando di azzerare il proprio coinvolgimento emotivo e abbandonando persino valori e ideali;
  3. Inefficienza: la persona perde fiducia in sé stessa e diventa incapace di essere performante.

La sintomatologia connessa a questo fenomeno vede il soggetto soffrire di disturbi dello spettro ansioso-depressivo quali nervosismo, irrequietezza, apatia, indifferenza, cinismo, insonnia, irritabilità, ulcere, disturbi cardiovascolari, ecc.

Cosa fare?

Il burnout, concausa dello stress, non è un problema che riguarda solo chi ne è affetto ma è una “malattia contagiosa” che si può diffondere tra i lavoratori e all’interno di tutta l’organizzazione.

Pertanto esso rappresenta un rischio determinante per il contesto organizzativo con costi impattanti legati alla produttività ridotta dei lavoratori, maggiore assenteismo, aumento del turnover e difficoltà nel reperire nuove risorse.

Per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, seppure nel Testo Unico non vengono citate esplicite indicazioni a procedure per la valutazione del burnout, viene comunque considerato una delle cause di stress e come tale deve essere considerato dal datore di lavoro nella valutazione di tutti i rischi.

Quando entra in vigore

La valutazione dello stress lavoro correlato è obbligatoria dal 2008. Seppure non espressamente specificato nella norma, il burnout rientra tra gli aspetti da considerare all’interno della valutazione dello stress lavoro correlato, in quanto estremamente impattante sulla salute e sulla vita lavorativa della persona coinvolta.

Indicazioni operative

Le misure di prevenzione devono mirare al mantenimento di ottime condizioni organizzative tali da non far diventare l’ambiente di lavoro un terreno fertile per lo sviluppo di questa sindrome.

Tra gli esempi di azioni che il Datore di Lavoro può attuare si raccomandano:

  • Chiarezza degli obiettivi organizzativi
  • Riconoscimento e gratificazioni adeguate al lavoro svolto
  • Supporto tecnico e formativo allo svolgimento dell’attività
  • Mantenimento di un clima positivo e collaborativo
  • Condivisione delle informazioni e comunicazione
  • Gestione dei carichi di lavoro ripartiti con equità tra colleghi.