È stato approvato, dal Consiglio dei Ministri, nella seduta del 23 marzo 2012, il ddl di Riforma del Mercato del Lavoro, presentato dal Ministro del Lavoro, di concerto con il Ministro dell’Economia.
Tra le novità che incidono sulla flessibilità in entrata, si segnala la centralità attribuita al contratto di apprendistato, con la previsione, da un lato, di un termine minimo (6 mesi) di durata e, dall’altro, dell’aumento, da 1/1 a 3/2, del rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati. Al contempo, viene disincentivato il ricorso ai contratti di lavoro a termine, con la previsione di un tetto inderogabile di 36 mesi e l’aumento della contribuzione da versare (1,4%), e ai co.co.pro., anche in questo caso con l’aumento dell’aliquota contributiva ed alcune limitazioni relative al progetto e all’attività svolta dal collaboratore.
Per ciò che concerne la flessibilità in uscita, viene rivisto l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. In quest’ottica, il diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro, in caso di licenziamento illegittimo, è mantenuto solo per i licenziamenti discriminatori; nei licenziamenti disciplinari, sarà il giudice a scegliere tra la reintegra e il risarcimento del danno con un indennizzo compreso tra 15 e 27 mensilità. La reintegrazione scompare, invece, del tutto nei licenziamenti dovuti a motivi economici.
Il disegno di legge modifica, in maniera sostanziale, anche la disciplina degli ammortizzatori sociali, con l’introduzione dell’Aspi (assicurazione sociale per l’impiego) in sostituzione della disoccupazione e della mobilità. Ne potranno usufruire i lavoratori dipendenti, gli apprendisti e gli artisti con due anni di anzianità contributiva e 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio. A decorrere dal 2014, sarà, inoltre, abolita la Cassa integrazione guadagni per esigenze non connesse alla conservazione del posto di lavoro.
Tra le tante novità, meritano un cenno, infine, la norma che contrasta la pratica delle cd. dimissioni in bianco e la previsione, in via sperimentale, del congedo di paternità obbligatorio (3 giorni continuativi riconosciuti al padre lavoratore, entro 5 mesi dalla nascita del figlio).