Riforma Cartabia: il processo del lavoro non cambia nella sostanza
A cura della redazione
L’INL, con la nota n. 2563 del 14 aprile 2023, ha fornito le prime indicazioni operative per il personale ispettivo, in seguito alla riforma del processo civile e penale (c.d. Riforma Cartabia).
In merito al primo aspetto (processo civile), si rileva come il D.Lgs. 149/2022 abbia apportato significative modifiche al processo civile, pur non intervenendo in modo sostanziale sulla dinamica del processo del lavoro, per il quale rimane confermato l’impianto della L. 533/1973.
In tema di notificazioni, meritano menzione le disposizioni che hanno introdotto l’obbligo della notifica a mezzo PEC qualora il destinatario sia un soggetto obbligato a munirsi di un indirizzo PEC risultante da pubblici elenchi, ovvero abbia eletto domicilio digitale a norma del D.Lgs. 82/2005.
Restano salve le modalità ed i termini di costituzione in giudizio delle parti previste dagli artt. 414, 415 e 416 c.p.c. (e dal D.Lgs. 150/2011, per quanto attiene ai procedimenti complementari di competenza dell’Ispettorato), in base ai quali nel ricorso e nella memoria difensiva – atti introduttivi del procedimento per le parti – tanto l’attore quanto il convenuto dovranno indicare, nei rispettivi atti di costituzione, in modo preciso e dettagliato e a pena di decadenza, gli elementi di fatto e di diritto sui quali si fondano domanda e difesa, con le relative conclusioni e qualsivoglia istanza probatoria.
Il legislatore della riforma, pur mantenendo inalterata la complessiva fisionomia del rito del lavoro, ha apportato modifiche alle modalità di svolgimento dei giudizi di impugnazione, con l'obiettivo di assicurare una maggiore celerità e semplificazione dei procedimenti.
È stato così parzialmente riscritto l’art. 434 c.p.c. il quale, pur continuando a fare rinvio all’art. 414 c.p.c. per la struttura dell’atto introduttivo, stabilisce che, per le impugnazioni successive al 28 febbraio 2023, l’appello deve indicare a pena di inammissibilità, e per ciascuno dei motivi, in modo chiaro, sintetico e specifico:
- il capo della decisione di primo grado che viene impugnato;
- le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado;
- le violazioni di legge denunciate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.
Trattasi di una disposizione analoga a quella prevista per il giudizio d’appello nel rito ordinario dall’art. 342 c.p.c., con la quale la completezza, la chiarezza e la sinteticità degli atti assumono il rango di veri e propri requisiti essenziali la cui mancanza è sanzionata con l’inammissibilità degli stessi.
In merito al processo penale, infine, con particolare riguardo all’iscrizione della notizia di reato, la “riforma Cartabia” è intervenuta sull’art. 335 c.p.p. prevedendo che “il P.M. iscrive immediatamente nell’apposito registro, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa, contenente la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice. Nella iscrizione sono indicate le circostanze di tempo e di luogo del fatto”. Il fatto si considera “determinato” se vi sono elementi sufficienti ed idonei che indicano in concreto la sussistenza di una condotta o il verificarsi di un evento penalmente rilevante, a seconda che trattasi di reati di pura condotta o di evento.
È necessario, altresì, non che il fatto così determinato sia verosimile ma che appaia “non inverosimile” cioè che in base ad una valutazione logico deduttiva e di comune esperienza l’accadimento portato a conoscenza dell’U.P.G. possa apparire ragionevolmente non irreale.
Riproduzione riservata ©