Riconosciuta la responsabilità del RSPP per danni di un terzo.
A cura della redazione

Riconosciuta la responsabilità del RSPP per danni di un terzo.La sentenza della Corte di Cassazione n. 42483 del 20 novembre 2024 ha stabilito che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) può essere ritenuto responsabile per omicidio colposo ai danni di un terzo. La normativa antinfortunistica tutela anche i terzi presenti nell'ambiente di lavoro. Nel caso specifico, la mancata segnalazione di un pozzo pericoloso ha portato alla condanna del RSPP.
Cosa tratta
La Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 42483 del 20 novembre 2024, (allegata alla presente news) ha affrontato un tema di grande rilevanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro: la responsabilità del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) per il reato di omicidio colposo ai danni di un terzo. Questa sentenza offre spunti significativi per comprendere meglio le tutele e le responsabilità in ambito antinfortunistico.La suprema Corte ha di fatto ribadito che la normativa antinfortunistica non tutela solo i lavoratori, ma anche tutti coloro che, pur non avendo un rapporto di lavoro con il datore di lavoro, sono esposti al rischio lavorativo. Questo principio è fondamentale per garantire una protezione estesa e inclusiva.Diventa quindi importante chiarire che le norme antinfortunistiche siano dettate per la tutela di tutti e non soltanto dei lavoratori nell'esercizio quotidiano della loro attività, ma anche di tutti i terzi che a vario titolo, si trovino nell'ambiente di lavoro e nelle immediate circostanze, indipendentemente quindi, dall'esistenza o meno di un eventuale rapporto di dipendenza, (e/o di un contratto di appalto) con il titolare dell'impresa. Quando si verifichino in questi spazi, ed a danno di terzi, i reati di lesioni o di omicidio colposi, si può ipotizzare la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista, tra la riscontrata violazione e l'evento dannoso, il nesso casuale e che sia ben chiaro che la norma violata miri a prevenire l'incidente che si è riscontrato.Il tutto rimane legato, come da tante altre sentenze facilmente reperibili in giurisprudenza, al fatto che la presenza del soggetto terzo, (passivo ed estraneo sia all’ attività che all'ambiente di lavoro), nel luogo e nel momento dell’incidente, non assuma i caratteri di abnormità, anormalità, atipicità ed eccezionalità che siano in grado di far ritenere interrotto il nesso causale. (Sez. 4, n. 32178 del 16/09/2020, Rv. 280070 -01).
La responsabilità del RSPP
Un altro punto cruciale della sentenza riguarda la responsabilità del RSPP. Nonostante il D. Lgs. n. 81/2008 non preveda sanzioni specifiche per il RSPP, la Corte ha chiarito che questo non esonera il responsabile da ogni forma di responsabilità in caso di infortunio. Il RSPP ha l'obbligo di segnalare i rischi presenti nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) e di collaborare con il datore di lavoro per adottare le misure necessarie a prevenire incidenti.Il pozzo, oggetto dell’ incidente e nel quale la vittima ha perso la vita, era collocato in una zona da considerare come oggetto di attività lavorativa, ma anche e soprattutto liberamente accessibile anche a terzi. Dagli atti del giudizio emerge chiaramente come nessun segnale o cartello sia stato apposto in prossimità di tale pozzo da considerare come un pericolo.La segnalazione ha lo scopo primario di segnalare il divieto di avvicinamento e accesso, nonché un importante pericolo di caduta, con la conseguenza che l'infortunio si è verificato anche in virtù di questa grave omissione.
Il caso
Nel caso in esame infatti, il RSPP di una società aveva omesso di segnalare nel DVR l'esistenza di un pozzo in cattivo stato di manutenzione, nel quale un terzo era caduto, riportando lesioni mortali. I giudici di primo e secondo grado avevano condannato il RSPP per omicidio colposo, ritenendo che la mancata segnalazione del rischio fosse una violazione della normativa antinfortunistica.La difesa del RSPP aveva presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la normativa antinfortunistica non si applicasse ai terzi e che il RSPP non avesse una posizione di garanzia tale da impedirgli di prevenire l'incidente. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la responsabilità del RSPP, anche sulla base di un costante orientamento della giurisprudenza, che recita testualmente “il responsabile del servizio di prevenzione e protezione può essere ritenuto responsabile, anche in concorso con il datore di lavoro, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione faccia seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione” (cfr. Sez. 4, n. 24822 del 10/03/2021, Rv. 281433 -01).Del resto, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri (cfr. Sez. 4, n. 11708 del 21/12/2018 -dep. 2019, Rv. 275279 - 01)”.
A chiudere
Questa sentenza sottolinea l'importanza della corretta valutazione e segnalazione dei rischi da parte del RSPP, non solo per la tutela dei lavoratori, ma anche per quella dei terzi. La responsabilità del RSPP è quindi estesa e comprende l'obbligo di adottare tutte le misure necessarie per prevenire incidenti, collaborando attivamente con il datore di lavoro.
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