Ricerca e sviluppo: ammissibili al credito d’imposta anche i costi di esternalizzazione
A cura della redazione

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 122E del 10 ottobre 2017, ha fornito alcuni chiarimenti interpretativi in materia di credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all’art. 3 del DL 145/2013 (L. 9/2014), come sostituito dall’art. 1, c. 35, della L. 190/2014, in ordine a:
- l’individuazione delle attività di ricerca agevolabili;
- l'ammissibilità di alcune tipologie di investimenti.
In riferimento al punto 1), si precisa che, in virtù degli elementi caratterizzanti gli studi clinici non interventistici e gli studi di fase IV, i primi sono sempre ammissibili, mentre i secondi sono riconducibili tra le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta limitatamente agli studi di natura medico-scientifica, potendo essi rientrare nella “ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per […] permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti”, di cui alla lett. b), o nell’ambito della “acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati”, di cui alla lett. c).
In merito al punto 2), l’Agenzia chiarisce che sono ammissibili le quote di ammortamento tutti i beni materiali ammortizzabili, il cui impiego sia indispensabile per la realizzazione del prototipo, e non solo di “strumenti e attrezzature di laboratorio” in senso stretto.
Sono, inoltre, ammissibili al credito d’imposta i costi di esternalizzazione di attività non qualificabili come ricerca commissionata ai sensi della lett. c) del comma 4 dell’art. 3 o che non abbiano ad esito un risultato o prodotto innovativo, ma che sono strumentali alla realizzazione del prototipo o a componenti dello stesso.
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