La Corte di Cassazione, con la sentenza 7/02/2019 n.3655, ha deciso che l’irrilevanza giuridica del fatto, seppur accertato, equivale alla sua insussistenza materiale, con la conseguenza che trova applicazione la reintegra ai sensi dell’art. 18, c.4 della Legge 300/1970.

Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, un lavoratore era stato licenziato poiché nell’ultimo giorno di malattia era stato visto per due ore presso il ristorante-pizzeria della moglie, intento a preparare le pizze, infornarle, consegnarle e incassare i relativi pagamenti.

Il lavoratore ha proposto ricorso e nei primi due gradi di giudizio sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno ritenuto illegittimo il licenziamento, considerando il fatto contestato privo del carattere dell’antigiuridicità, essendo circoscritto a due sole ore della sera dell’ultimo giorno di malattia ed essendo stato inoltre accertato che tale comportamento non aveva generato alcun aggravamento della patologia né alcun ritardo nella ripresa del lavoro.

La decisione della Corte di Cassazione è conformandosi all’orientamento previgente, rimarca che l’assenza di illiceità di un fatto materiale pur sussistente, deve essere ricondotto all’ipotesi, che prevede la reintegra nel posto di lavoro, dell’insussistenza del fatto contestato, mentre la minore o maggiore gravità (o lievità) del fatto contestato e ritenuto sussistente, implicando un giudizio di proporzionalità, non consente l’applicazione della tutela c.d. reale.

In merito all’invocazione aziendale dell’aliunde perceptum da detrarre dal risarcimento dovuto al lavoratore, la sentenza evidenzia che spetta al datore di lavoro l’onere della prova, ed in particolare l’obbligo di fornire indicazioni puntuali, rivelandosi inammissibili le richieste probatorie generiche o con finalità meramente esplorative.