L’INPS, con la circolare n. 100 del 5 luglio 2019, ha fornito ulteriori indicazioni in materia di reddito e pensione di cittadinanza, in virtù delle novità, introdotte al DL 4/2019, dalla legge di conversione n. 26 del 28.3.2019.

Tra le principali modifiche si segnalano le seguenti:

- la preclusione a richiedere il beneficio se il richiedente è sottoposto a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell'arresto o del fermo, ovvero sia stato condannato, in via definitiva, nei dieci anni precedenti la richiesta, per uno dei delitti di cui agli articoli 270-bis (associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico), 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione), 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione), 416-bis (associazione di tipo mafioso anche straniera), 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso), 422 (strage) e 640-bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) del codice penale, nonché la neutralizzazione, ai fini della individuazione della scala di equivalenza (s.e.), di membri del nucleo che si trovino nelle predette condizioni di sottoposti a una misura cautelare ovvero condannati;

- nel caso di nuclei familiari con minorenni, il calcolo dell’ISEE avviene ai sensi dell'art. 7 del DPCM 5.12.2013, n. 159, c.d. ISEE minori;

- il requisito del patrimonio immobiliare va verificato su quello esistente non solo in Italia, ma anche all’estero e, in relazione al patrimonio mobiliare, va considerato l’incremento dei relativi massimali per ogni componente con disabilità grave o non autosufficienza, come definita a fini ISEE, presente nel nucleo;

- la Pensione di cittadinanza può essere erogata anche mediante gli strumenti ordinariamente in uso per il pagamento delle pensioni. L’attuazione di tale disposizione, tuttavia, non è immediata, essendo rimessa all’adozione di un apposito decreto del Ministro del Lavoro, di concerto con il Ministro dell'Economia, da emanarsi entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione.

Particolare attenzione, ai fini dell'accoglimento della richiesta del beneficio RdC/Pdc, va posta in ordine alle previsioni di cui all’art. 2, commi 1-bis e 1-ter, secondo cui i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea devono produrre una certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, sui requisiti di reddito e patrimoniali, nonché sulla composizione del nucleo familiare. La norma prevede che la certificazione debba essere presentata in una versione tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'autorità consolare italiana (che ne attesta la conformità all'originale).

Le predette disposizioni non si applicano nei seguenti casi: a) nei confronti di cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea aventi lo status di rifugiato politico; b) qualora convenzioni internazionali dispongano diversamente; c) nei confronti di cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea nei quali è oggettivamente impossibile acquisire le certificazioni di cui al comma 1-bis.

Al riguardo, il comma 1-ter demanda ad un decreto attuativo del Ministro del Lavoro, di concerto con il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, l’individuazione dei Paesi i cui cittadini sono esonerati dall’obbligo in esame, per oggettiva impossibilità di produrre tale documentazione.

Ciò posto, nelle more dell’emanazione del citato decreto attuativo, l’INPS ha provveduto a sospendere l’istruttoria di tutte le domande presentate a decorrere dal mese di aprile 2019 da parte di richiedenti non comunitari.

A seguito delle modifiche introdotte con la legge di conversione n. 26/2019, è venuta meno, infine, l’esclusione dal RdC, prevista dal DL prima della conversione, per i nuclei familiari che abbiano tra i componenti soggetti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie, con riferimento ai dodici mesi successivi alla data delle dimissioni e fatte salve le dimissioni per giusta causa. La legge di conversione, infatti, limita l’esclusione al solo componente disoccupato che abbia presentato le dimissioni volontarie, riducendo nella misura di 0,4 punti il parametro della scala di equivalenza ai fini del reddito di cittadinanza.