La Corte di Cassazione, con la sentenza 11/12/2018 n.32047 ha deciso che se il versamento dei contributi alla previdenza complementare viene effettuato non in forza di legge ma sulla base di un accordo contrattuale con il datore di lavoro, non può trovare applicazione l’art. 51, c. 2, lett. a) del TUIR.

La Suprema Corte infatti ha ricordato che la determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui al TUIR, articolo 51 comma 2 lettera a), vigente ratione temporis, prevede che "Non concorrono a formare il reddito i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge".

Nel caso sottoposto alla valutazione di legittimità la base imponibile IRPEF delle prestazioni erogate dai fondi di previdenza complementare per il personale degli istituti bancari non è imposta dalla legge, ma ha natura facoltativa, in base ad accordi contrattuali col datore di lavoro.

Pertanto i contributi versati dal dipendente della banca, attesane la richiamata natura facoltativa, e posta la riferibilità dell'esenzione fiscale di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 51, comma 2, lettera a), ai soli contributi previdenziali obbligatori, concorrono a formare il reddito tassabile (Cass. n. 124 del 04/01/2018), essendone esclusi solo quelli versati "in ottemperanza a disposizioni di legge" (Cass. 11156 del 2010, n. 23030 del 2014, n. 124 e 2201 del 2018).

La citata giurisprudenza, ancorché riferita all’abrogato art. 48 del TUIR, è applicabile alla fattispecie in esame, regolata dall’articolo 51, che costituisce una rinumerazione della precedente disposizione.