Prassi commerciali scorrette: il lavoratore che esegue gli ordini non può essere licenziato
A cura della redazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23878 del 2 ottobre 2018, ha stabilito che è illegittimo il licenziamento del lavoratore che, conformandosi ad una prassi aziendale, su ordine esplicito del proprio superiore gerarchico, abbia agito in dispregio delle procedure di commercializzazione.
Nella fattispecie in esame, la Suprema Corte ha confermato la sentenza n. 436/2016 della corte di Appello di Milano, dichiarando illegittimo il licenziamento disciplinare intimato al lavoratore in data 4.4.2012, condannando, al contempo, la società datrice di lavoro alla riammissione in servizio del lavoratore, al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni globali di fatto fino alla reintegrazione ed al versamento dei contributi previdenziali ad assistenziali (applicabile la disciplina ante D.Lgs. 23/2015).
I fatti contestati consistevano in violazioni di procedure di commercializzazione relative ad una serie di contratti stipulati per la fornitura in locazione di beni mobili, prodotti informatici, fornitura ed installazione di hardware, fornitura di beni e servizi in leasing, iscritte nell’ambito di una prassi generalizzata, adottata da anni, sostenuta e sollecitata dai vertici aziendali, i quali non perdevano occasione per sollecitare la conclusione del maggior numero di contratti sulla base di modalità operative spregiudicate ed irrispettose delle stesse disposizioni aziendali.
Alla luce del contesto, in considerazione della prassi utilizzata dalla forza vendita nel suo complesso, delle concrete modalità di svolgimento dei fatti, della limitatezza degli episodi addebitati e della correttezza professionale del dipendente che, sin dall’inizio, aveva riferito esattamente come si erano svolti i fatti, appare difficilmente configurabile la lesione dell’elemento fiduciario e la stessa ipotizzabilità del grave inadempimento soggettivo da parte del lavoratore, per essersi questo attenuto a specifiche direttive e pressioni dei superiori in un sistema lavorativo talmente pervaso da pratiche irregolari da rendere inimmaginabile, per lo stesso, la possibilità di rifiutare di adeguarvisi.
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