La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20046 del 17 settembre 2009, ha stabilito che perché possa integrarsi, da parte dal datore di lavoro, una condotta mobbizzante, è necessario che gli atti persecutori siano sistematici e duraturi. Non sono, infatti, rilevanti ai fini del mobbing gli episodi vessatori e persecutori operati a danno del lavoratore, se gli stessi si protraggono per meno di un trimestre e non per i 6 mesi previsti dalla prassi giudiziaria.
La fattispecie in esame riguardava una dipendente che sosteneva di aver subito mobbing, nell'arco di quasi un trimestre, inizialmente attraverso una contestazione disciplinare di assenza dal lavoro inesistente, quindi attraverso il suo esautoramento dalle mansioni manageriali e il demansionamento; infine, con il licenziamento.