Parliamo troppo poco di un killer. Il Radon.
A cura della redazione
Un nuovo studio condotto dall'Università della California, mostra una forte relazione tra l'esposizione prolungata a bassi livelli di Radon e il cancro al polmone, indicando la necessità di misure di protezione più efficaci. Il Radon è un gas radioattivo che si trova nell'aria e che può decadere in minuscole particelle radioattive che possono danneggiare le cellule polmonari e portare al cancro. Gli autori dello studio sottolineano la necessità di migliori protezioni e affermano che i loro risultati costituiscono una solida base per costruire una nuova generazione di modelli per lo sviluppo di stime sul rischio di cancro al polmone dopo l'esposizione a basse dosi di Radon, che è la principale preoccupazione contemporanea.
Cosa tratta
Il gas Radon è un gas radioattivo presente in natura, inodore e incolore. Distribuito su tutto il territorio italiano in basse concentrazioni, nasce di fatto dalla disintegrazione dell’uranio presente anche in piccole concentrazioni. A causa della sua radioattività, è da sempre considerato la seconda causa di tumore polmonare dopo il fumo, e naturalmente la prima nei soggetti non fumatori. Può essere riscontrato in ambienti seminterrati e/o interrati, ed è provato che aumenti il rischio di neoplasie polmonari. In molti settori industriali, è importante fare valutazioni sul rischio Radon, in particolare il settore minerario ed energetico, ma anche quello delle costruzioni e dell’edilizia. In generale, è necessario valutare con precisione, tutti gli ambienti in cui si operi in presenza di rocce contenenti elementi radioattivi perché tra questi il Radon appare sempre come la presenza preponderante. La novità del nuovo studio della California University, non riguarda tanto il ben noto legame tra cancro al polmone e Radon, quanto la dimostrazione che anche (e soprattutto) le basse concentrazioni di Radon, a rigor di logica valutate come meno pericolose, favoriscano lo sviluppo di neoplasie polmonari. Lo studio mostra infatti forti relazioni tra esposizioni prolungate a basse concentrazioni ed aumento sensibile delle neoplasie riscontrabili. Dal 1987 sia OMS che IARC hanno dimostrato la patogenicità del Radon, tanto da inserirlo nel gruppo 1 (massima evidenza di cancerogenicità). Non vi erano grandi evidenze scientifiche per quello che invece si è sempre sospettato, ovvero che vi possano essere aumenti significativi per esposizioni prolungate anche a basse concentrazioni di Radon, che poi sono i livelli riscontrabili in molte abitazioni italiane.I risultati dello studio mostrano che il rischio di cancro al polmone aumenta anche con esposizioni a basse dosi di Radon, e colpisce in particolare i giovani adulti , indicando la necessità di misure di protezione rafforzate per questa categoria di lavoratori. Lo studio ha inoltre rilevato che il Radon è presente in una vasta gamma di ambienti di lavoro, oltre alle miniere, tra cui metropolitane, tunnel, condotti di servizio delle utenze, parcheggi sotterranei, impianti di fertilizzanti fosfatici e raffinerie di petrolio. Anche le abitazioni possono rappresentare una minaccia, poiché le concentrazioni di Radon possono variare notevolmente a seconda della geologia, della costruzione dell'edificio, della ventilazione e del riscaldamento.
I risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista online Environmental Health Perspectives e si allegano al presente articolo.
Per la maggior parte delle persone, la principale esposizione al Radon avviene in casa, nei luoghi di lavoro e nelle scuole. La concentrazione dipende da quanto uranio (da cui il Radon deriva) è presente nel terreno sottostante l’edificio. Il gas migra dal suolo (o dai materiali da costruzione) e penetra all’interno degli edifici attraverso le fessure (anche microscopiche), gli attacchi delle pareti al pavimento, i passaggi dei vari impianti (elettrico, termico, idraulico). Di conseguenza, i livelli di Radon sono generalmente maggiori nelle cantine e ai piani bassi. Inoltre, vi sono forti variazioni sia spaziali che temporali: edifici anche vicini possono avere concentrazioni molto diverse, e in genere vi sono forti variazioni tra giorno e notte, estate e inverno e tra tutte le diverse condizioni meteorologiche. A causa di queste fluttuazioni, per avere una stima precisa della concentrazione media di Radon in un edificio è necessario fare una misurazione per una durata sufficientemente lunga, preferibilmente un anno. Si utilizza un piccolo dispositivo in cui è presente un materiale che, essendo sensibile alle particelle alfa emesse durante il processo di decadimento del Radon, rimane impresso con tracce indelebili. Il numero di tracce rilevate sul materiale è proporzionale alla concentrazione del gas nell’ambiente.
Lo studio evidenzia una serie di ambienti di lavoro ma anche di vita, che mantengono caratteristiche di pericolosità anche una volta terminate, come ad esempio le metropolitane ed i tunnel in generale, i parcheggi sotterranei, le condutture di pubblica utilità, le condutture industriali. Quindi non solo in ambito professionale, e non solo in fase di lavorazione/costruzione ma anche in ambiti manutentivi/conservativi o semplicemente di ambienti di vita urbana come le metropolitane o le abitazioni costruite con tufo e/o rocce vulcaniche, molto presenti nella realtà italiana.
Le nuove evidenze ricordano, che non è necessaria l’esposizione a livelli alti, ma che al contrario anche le esposizioni a basse concentrazioni, possono danneggiare le nostre cellule polmonari e provocare il cancro. Ridurre ulteriormente le esposizioni e proteggere luoghi di lavoro ed abitazioni deve diventare prioritario. Così come nel caso delle sostanze chimiche, anche per le radiazioni, si valuta la gravità delle esposizioni, ricorrendo a due fattori principali: intensità dell’esposizione e durata.
Valutando il caso Radon, i ricercatori hanno analizzato esposizioni a bassa intensità, ma per lunghe durate (per i minatori anche sei ore al giorno) in molti paesi del mondo : in primis USA ma anche Europa (Rep. Ceca, Francia e Germania) e Canada. Sono state raccolte conferme importanti, mostrando che il rischio di cancro ai polmoni aumenta con esposizioni a bassa intensità e lunghe durate, riscontrando impatti importanti soprattutto sui giovani e ponendo grandi riflessioni per gli ambienti di vita, dove vengono spese molte ore. Lo studio peraltro si differenzia molto da quanto analizzato in passato, dove l’attenzione era posta a luoghi con elevate concentrazioni e/o scarsamente censite.
Misure di prevenzione
Nel corso di questi anni, anche grazie alla classificazione di pericolosità data da OMS/IARC, molto è stato fatto in termini prevenzione del rischio. Gli ambienti di lavoro, ad esempio le operazioni minerarie comportano ad oggi, esposizioni molto inferiori rispetto al passato. Storicamente il comparto minerario era quello che registrava i livelli di Radon più alti sul posto di lavoro e di conseguenza in questi comparti si è provveduto a massicce campagne di adeguamento tramite ventilazione e/o estrazione. La difficoltà nel censire e quantificare il Radon è elevata. In primis perché il Radon decade molto velocemente, ma anche perché una buona ventilazione può essere molto efficace per abbassare i livelli. I livelli di concentrazione sono generalmente molto bassi e possono avere ampie variazioni, date dalla morfologia e dalla struttura geologica, ma anche dai criteri costruttivi, e più semplicemente dalla ventilazione naturale o meno e dal livello di riscaldamento Ne consegue che una misurazione che abbia un significato dura almeno un anno e diventa rappresentativa anche proprio perché raccoglie un’ampia casistica di eventi e situazioni diverse. Le concentrazioni infatti, sono generalmente basse ma possono variare ampiamente, a seconda della geologia, della costruzione degli edifici, della ventilazione e del riscaldamento. Allo studio emerge una necessità operativa per continuare a raccogliere dati ed approfondire gli effetti delle radiazioni sul lungo periodo, anche perché appare molto difficile per malattie come il cancro stabilire con esattezza gli effetti dose-soglia e tutti i danni a lungo termine, anche e soprattutto quando i livelli di esposizione possono sembrare molto bassi. La proposta è proprio quella di invertire queste tendenze, e porre maggiori attenzioni sia dal punto di vista scientifico che dal punto di vista prettamente prevenzionale, anche quando l’entità delle radiazioni in gioco possa apparire trascurabile.
Indicazioni operative
Per chiudere, infine elenchiamo i possibili interventi, anche se occorre premettere che non è possibile eliminare del tutto il gas Radon.
- Interventi di depressurizzazione del suolo. E’ possibile raccogliere il Radon in appositi pozzetti, tramite estrazione meccanica, creando una depressione che raccolga il gas e lo espelle all’ esterno.
- Interventi di pressurizzazione degli edifici. Decisamente più semplici, aumentano la pressione interna e contrastano in questo modo l’emissione del gas dal suolo.
- Interventi di ottimizzazione della ventilazione dell’edificio. Aumentando i ricambi d’aria/ora si ottengono comunque risultati soddisfacenti.
- Interventi progettuali sulle nuove costruzioni. Sigillare le vie di ingresso dal suolo, predisporre vespai di raccolta in cui si può estrarre il gas prodotto ecc.
Riproduzione riservata ©