Pari opportunità: al via dal 2022 la certificazione della parità di genere che riconosce esoneri contributivi
A cura della redazione
Sulla G.U. n. 275/2021 è stata pubblicata la Legge 5/11/2021 n.162 che modifica le disposizioni contenute nel D.lgs. 198/2006 in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo, prevedendo l’istituzione a decorrere dal 1° gennaio 2022 della certificazione della parità di genere che attesta le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario uomo donna in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.
Spetterà al Presidente del Consiglio dei Ministri definire con uno o più decreti i parametri minimi per il conseguimento della certificazione di parità di genere, con riferimento alla retribuzione corrisposta, alle opportunità di progressione in carriera e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche con riguardo ai lavoratori occupati di sesso femminile in stato di gravidanza.
Il DPCM dovrà anche stabilire: le modalità di acquisizione e di monitoraggio dei dati trasmessi dai datori di lavoro e resi disponibili dal Ministero del lavoro, le modalità di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e dei consiglieri di parità regionali, delle città metropolitane e degli enti di area vasta, nel controllo e nella verifica del rispetto dei parametri e le forme di pubblicità della certificazione della parità di genere.
Il possesso della certificazione della parità di genere è particolarmente importante perché, per l’anno 2022, alle aziende private che ne sono in possesso, è riconosciuta la concessione, nel limite di 50 milioni di euro, di un esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro. Resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
L’esonero è determinato in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda, riparametrato e applicato su base mensile, con decreto del Ministro del lavoro, da adottare entro il 31 gennaio 2022.
Alle aziende private che, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, risultano essere in possesso della certificazione della parità di genere è riconosciuto anche un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.
Compatibilmente con il diritto dell’Unione europea e con i princìpi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nei bandi di gara, negli avvisi o negli inviti relativi a procedure per l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta in relazione al possesso da parte delle aziende private, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, della certificazione della parità di genere.
La Legge 162/2021 modifica sostanzialmente anche l’art. 46 del D.lgs. 198/2006 che regolamenta la redazione del rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile nelle aziende.
Più precisamente l’obbligo di redigere il rapporto adesso riguarda le aziende con oltre 50 dipendenti e non più solo quelle che superavano i 100 dipendenti.
Invece per le aziende che occupano fino a 50 dipendenti la redazione del rapporto è su base volontaria.
Il nuovo art. 46 adesso prevede che il rapporto sia redatto in modalità esclusivamente telematica, utilizzando il modello pubblicato sul sito internet del Ministero del lavoro e trasmesso alle RSA. Spetta al Consigliere regionale di parità accedere ai dati contenuti nei rapporti, elaborarli e trasmettere i risultati all’INL, al Consigliere nazionale di parità, al Ministero del lavoro, all’Istat e al CNEL.
Spetta al Ministero del lavoro definire con decreto le modalità di redazione del rapporto ed i contenuti che deve avere.
Se le aziende non trasmettono il rapporto nei termini prescritti, la DRL invita le stesse a provvedere entro 60 giorni. In caso di inottemperanza trova applicazione l’art. 11 del DPR 520/1955 che prevede la sanzione amministrativa da 103,00 euro a 516,00 euro. La stessa norma prevede anche la pena dell'arresto fino a un mese o dell'ammenda fino a euro 413,00 se l'inosservanza riguarda disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro in materia di sicurezza o igiene del lavoro.
Nel caso in cui l’inottemperanza si protrae per oltre dodici mesi, viene disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall’azienda (prima della modifica della L. 162/2021 la sospensione trovava applicazione solo nei casi più gravi).
Infine se il rapporto redatto è mendace o incompleto trova applicazione la sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro.
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