L’INL, con la nota n. 2926 del 29/03/2018, si è allineato al principio sancito dalla sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 10424/2018, secondo cui in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei dipendenti, l’importo complessivo superiore a 10.000 euro, rilevante ai fini del raggiungimento della soglia di punibilità, deve essere individuato con riferimento alle mensilità di scadenza dei versamenti contributivi.

Si tratta, più precisamente, del periodo 16 gennaio – 16 dicembre relativo alle retribuzioni corrisposte, rispettivamente, nel mese di dicembre dell’anno precedente e nel mese di novembre dell’anno in corso.

Questa interpretazione era già stata fornita dall’INPS con il messaggio n. 437 del 31 gennaio 2018, con il quale aveva precisato che l’arco temporale da considerare per il controllo sul corretto adempimento degli obblighi contributivi, al fine della determinazione dell’importo di euro 10.000 annui individuati come discrimine per l’identificazione della fattispecie di illecito penale o amministrativo, è quello che intercorre tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre di ciascun anno (anno civile). Si era pertanto chiarito che i versamenti che concorrono al raggiungimento della soglia di euro 10.000 annui sono quelli relativi al mese di dicembre dell’anno precedente all’annualità considerata (da versare entro il 16 gennaio) fino a quelli relativi al mese di novembre dell’annualità considerata (da versare entro il 16 dicembre).

Tutta la questione ha avuto origine con il D.Lgs. n. 8/2016 che ha disposto la depenalizzazione del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali, introducendo una distinzione correlata al valore dell’omissione compiuta dal datore di lavoro: per le ipotesi di omessi versamenti di importo superiore a euro 10.000 annui è stata prevista la sanzione penale della reclusione fino a tre anni, congiunta alla multa fino a euro 1.032; per le ipotesi di omessi versamenti di importo inferiore alla predetta soglia di euro 10.000 annui, nei confronti del datore di lavoro si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000.