Nullo il licenziamento GMO in periodo Covid-19 per violazione di norme imperative
A cura della redazione
Il Tribunale di Venezia, con la sentenza 3/03/2021 n.158, ha deciso che il licenziamento per GMO intimato durante la vigenza del divieto nel periodo Covid-19, motivato per pretesa cessazione definitiva di ogni attività relativa alla prestazione di servizi, è nullo perché contrario a norme imperative, con la conseguenza che trova applicazione la massima sanzione prevista dal D.lgs. 23/2015, ossia la reintegra e il risarcimento del danno.
Nel caso esaminato dal Giudice di merito una lavoratrice era stata licenziata per pretesa cessazione dell’attività durante il periodo di vigenza del divieto di licenziamento nel periodo Covid-19, introdotto dal DL 18/2020 e poi proseguito con il DL 104/2020 (e ancora con il DL 137/2020).
La lavoratrice ha impugnato il licenziamento chiedendo la reintegra nel posto di lavoro e il risarcimento del danno, oltre al pagamento delle mensilità arretrate.
Il Tribunale ha accolto il ricorso precisando che la violazione della norma imperativa, che pone il divieto a tutela dei fondamentali interessi sociali, non può che comportare la nullità del licenziamento in forza dell’art. 1324 c.c., a mente del quale le norme dettate in materia di contratti si osservano anche per gli atti unilaterali, quali per l’appunto l’atto di recesso datoriale.
Il rimedio è dunque quello di cui all'art. 2, 1 comma del D. Lgs. n. 23/2015, che prevede la massima sanzione (reintegra e risarcimento) in relazione ai casi di "nullità del licenziamento perché discriminatorio a norma dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero perché riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge", dovendosi fare riferimento al dato testuale codicistico, che vale a qualificare espressamente nullo il contratto, e quindi il licenziamento in forza del richiamo di cui all'art. 1324 c.c., contrario a norme imperative.
Il Tribunale ha condannato la società a reintegrare la lavoratrice nel posto di lavoro e a corrispondere tutte le mensilità arretrate dalla data del licenziamento sino all'effettiva reintegra.
Alla lavoratrice sono altresì state riconosciute le mensilità arretrate, risultanti dai prospetti paga, e il TFR, a fronte della ricostituzione del rapporto di lavoro, che potrà essere richiesto solo alla cessazione dello stesso.
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