L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha diffuso una nota con l’intento di fornire chiarimenti in materia di contratti di subappalto per i lavori in ambienti confinati

 

Cosa tratta?

L’INL si esprime con nota n. 694/2024 a seguito di alcune richieste pervenute agli Uffici della Direzione generale, in merito all’obbligatorietà della certificazione dei contratti ai sensi del Titolo VIII, capo I, del D.Lgs. n. 276/2003 per il personale impiegato in servizi resi in ambienti sospetti di inquinamento o confinati in regime di appalto o subappalto.

In via preliminare occorre evidenziare che il D.P.R. 14 settembre 2011, n. 177 ha dato attuazione all’art. 6, comma 8, del D.Lgs. n. 81/2008 e ha introdotto alcune disposizioni finalizzate a qualificare le imprese ed i lavoratori operanti in “in ambienti sospetti di inquinamento di cui agli articoli 66 e 121 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e negli ambienti confinati di cui all'allegato IV, punto 3, del medesimo decreto legislativo” (art. 1, comma 2).

L’art. 2 del D.P.R. n. 177/2011 prevede che qualsiasi attività lavorativa, nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati, possa essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi che siano in possesso dei requisiti previsti dallo stesso articolo. Il comma 1, lett. c), dell’art. 2 del medesimo D.P.R. n. 177/2011 prevede, quale requisito obbligatorio, la “presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto”.

 

Quando entra in vigore?

Nota INL pubblicata il 24 gennaio 2024.

 

Indicazioni operative

La citata disposizione impone dunque alle imprese l‘obbligo di utilizzo di personale qualificato, stabilendone i requisiti minimi (esperienza almeno triennale) e la tipologia contrattuale, la quale deve essere generalmente di tipo subordinato a tempo indeterminato. Qualora l’impresa decida di utilizzare personale con altre tipologie contrattuali, allora l’impresa dovrà procedere alla certificazione del contratto di lavoro ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003.

Inoltre, nel caso in cui l’impiego del personale in questione avvenga in forza di un contratto di appalto, occorrerà certificare i relativi contratti di lavoro del personale utilizzato dall’appaltatore (ancorché siano contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato) ma non certificare anche il contratto “commerciale” di appalto. Tali certificazioni, ovviamente, potranno essere utilizzate dall’appaltatore per tutta la durata dei rapporti di lavoro cui si riferiscono, a prescindere dalla circostanza che la certificazione sia stata effettuata in occasione di uno specifico appalto.

Tale posizione interpretativa deriva anzitutto dalla disamina delle ulteriori disposizioni di cui al D.P.R. n. 177/2011 e, in particolare, dell’art. 2, comma 2, secondo il quale “in relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati (…)”, che subordina il ricorso al subappalto ai casi in cui sia autorizzato dal committente e sia certificato ai sensi del titolo VII, capo I del D.Lgs. n. 276/2003.

Se dunque l’intento del legislatore era quello di rendere obbligatoria la certificazione dei contratti di lavoro in tutte le ipotesi di esternalizzazione dell’attività produttiva, ivi compresi i contratti di appalto e non solo di subappalto, lo avrebbe previsto in maniera esplicita.