Niente reintegrazione se il lavoratore licenziato ha presentato domanda per la pensione di vecchiaia
A cura della redazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza 27/04/2022 n.13203, ha deciso che il lavoratore che si è visto annullare il licenziamento, non può ottenere la reintegrazione, se nel frattempo ha presentato domanda di pensione di vecchiaia, avendone maturato i requisiti, non essendo più possibile ricostituire il rapporto di lavoro.
Nel caso sottoposto al giudizio della Suprema Corte un lavoratore aveva chiesto che venisse annullato il licenziamento che gli era stato intimato con conseguente reintegra.
La Corte d’appello, pur annullando il licenziamento, ha condannato l’azienda al risarcimento del danno in misura pari alle retribuzioni globali di fatto che sarebbero spettate dalla data del licenziamento fino alla data del collocamento in quiescenza, oltre accessori e spese.
I giudici di merito, dopo aver premesso che il raggiungimento dell’età pensionabile non determina l’automatica estinzione del rapporto di lavoro, hanno ritenuto che si è concretizzato un fatto ulteriore che ha determinato l’estinzione del rapporto di lavoro e resa impossibile la reintegrazione, anche a seguito della sentenza di annullamento, ossia il lavoratore ha presentato domanda di pensione di vecchiaia godendo del relativo trattamento.
Questo comportamento concludente del lavoratore ha prodotto da un lato l’estinzione del rapporto di lavoro e dell’altro la concreta impossibilità della reintegrazione.
In sostanza, secondo la Corte d’appello, tale situazione si inserisce tra quelle che determinano l’impossibilità oggettiva della reintegrazione per fatto non imputabile, come la cessazione dell’attività aziendale e la cessione del ramo d’azienda.
Il lavoratore ha impugnato la sentenza davanti alla Corte di Cassazione la quale ha ribadito un principio già noto ossia che il compimento dell’età pensionabile o il raggiungimento dei requisiti per l’attribuzione del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia da parte del lavoratore, determinano soltanto il venir meno del regime di stabilità del rapporto di lavoro (legittimano la legittimità del recesso ad nutum) ma non anche l’automatica estinzione dello stesso che, in assenza di un valido atto risolutivo del datore di lavoro, è destinato a proseguire, con diritto del lavoratore alla retribuzione, anche successivamente al compimento del 65 anno di età (Cass. 9312/2014, Cass. 13181/2018 e Cass. 521/2019).
Pertanto, una volta che il rapporto di lavoro si è risolto per altra causa (come la presentazione della domanda di pensionamento di vecchiaia e il conseguimento del trattamento pensionistico), prima che il giudice di merito dichiari l’illegittimità del licenziamento, la reintegrazione nel posto di lavoro deve essere esclusa, dato che il rapporto di lavoro è venuto meno per volontà del lavoratore.
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