La Corte di Cassazione, con la sentenza 28/11/2019 n. 31137, ha deciso che i buoni pasto non possono essere attribuiti ai lavoratori che nella qualità di destinatari delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità contenute nel d.lgs. 151/2001 osservano in concreto un orario giornaliero effettivo inferiore a quello contrattuale minimo per aver diritto ai buoni stessi.

Nel caso in esame una lavoratrice si era rivolta al tribunale del lavoro affinché le venisse riconosciuto il diritto di percepire i buoni pasto anche se il suo orario effettivo di lavoro risultava inferiore alla soglia minima, pari a 6 ore, prevista contrattualmente per averne diritto.

Entrambi i giudici dei primi due gradi di giudizio hanno accolto le doglianze della lavoratrice sostenendo che la stessa aveva diritto ai buoni pasto anche se fruendo dei riposi per allattamento l’orario di effettivo lavoro era inferiore alle 6 ore. Depone per questa decisione sia il fatto che il legislatore ha previsto l’attribuibilità dei buoni pasto anche se l’orario di lavoro non stabilisce una pausa per il pasto sia che il permesso per allattamento implica il diritto ad uscire dall’azienda, diritto che non può precludere il riconoscimento del buono pasto pure in assenza di una pausa.

Di diverso avviso la Suprema Corte secondo cui, anche se i permessi per l’allattamento non comportano restrizioni sul fronte del trattamento retributivo, tuttavia non è ragionevole attribuire ai lavoratori che ne usufruirono anche quegli speciali trattamenti assistenziali, quali sono i buoni pasto, previsti in favore dei lavoratori che non si allontanano dal luogo di lavoro.

La Corte di Cassazione richiama il proprio fermo indirizzo (Cass. sent. 14388/2016, 13841/2015, 14290/2012 e 20087/2008) in base al quale il valore dei pasti o il c.d. buono pasto, salva diversa disposizione, non è un elemento della retribuzione normale concretandosi lo stesso come un’agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale.

Inoltre, il buono pasto è un beneficio che non viene attribuito senza scopo, in quanto la sua corresponsione è finalizzata a far sì che, nell’ambito dell’organizzazione del lavoro, si possono conciliare le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane del lavoratore, al quale viene così consentita, laddove non sia previsto un servizio di mensa, la fruizione del pasto, i cui costi vengono assunti dal datore di lavoro, al fine di garantire allo stesso il benessere fisico necessario per la prosecuzione dell’attività lavorativa, nelle ipotesi in cui l’orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente stabilito per la fruizione del beneficio (Cass. 12168/1998).