La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 685 del 13 gennaio 2011, ha stabilito che, in caso di mobbing, il lavoratore può esperire solo un’azione civile al fine di ottenere il risarcimento dei danni, a meno che non si configuri un reato paragonabile ai maltrattamenti in famiglia. Soltanto in questo caso, infatti, scatta la tutela penale.
Secondo la Suprema Corte, affinché il mobbing integri il reato di maltrattamenti in famiglia, è necessario, inoltre, che il rapporto tra datore di lavoro e dipendente sia caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra detti soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra e dalla fiducia riposta dal soggetto più debole in quello che ricopre la posizione di supremazia.