Nessuna assunzione agevolata se il contratto di affitto configura un trasferimento d’azienda
A cura della redazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza 2/05/2018 n.10431, ha deciso che i benefici contributivi previsti per l’assunzione di un lavoratore percettore di un ammortizzatore sociale (nel caso in esame la mobilità ai sensi della L. 223/1991), non spettano se tra due imprese è intervenuto un contratto di affitto del complesso dei benefici aziendali, idoneo a configurare un trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c.
Nel caso sottoposto alla valutazione di legittimità della Suprema Corte, una società si era opposta ad una cartella esattoriale dell’INPS relativa al pagamento dei contributi omessi per aver illegittimamente fruito dei benefici di cui alla L. 223/1991 per l’assunzione di lavoratori dalle liste di mobilità.
L’opposizione si poggiava sulla vicenda che si era realizzata a seguito del contratto di affitto d’azienda ex art. 2562 c.c. intercorso tra due società. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione all’INPS ritenendo incompatibile la fruizione dei citati benefici perché l’assunzione dei lavoratori posti in mobilità costituiva per l’azienda, che si è opposta alla cartella esattoriale, un obbligo di legge derivante dall’art. 2112 c.c. e non un’operazione volontaria comportante incremento occupazionale.
La questione è stata sottoposta ai giudici di legittimità che, richiamando altre pronunce (Cass. 16255/2011 e 1299/2003) hanno affermato che l’art. 2112 c.c., nel regolare i rapporti di lavoro in caso di trasferimento d’azienda, trova applicazione in tutte le ipotesi in cui il cedente sostituisca a sé il cessionario senza soluzione di continuità, compreso l’affitto d’azienda. Ne deriva che l’obbligazione dell’azienda affittuaria, come avviene per gli altri casi di cessione, si risolve in un impegno sine die di mantenimento dell’occupazione dei dipendenti trasferiti, che, una volta assunto, non può essere eluso semplicemente con la formale restituzione dell’azienda, per cessazione del rapporto di affitto, quando risulti che invece l’attività dell’impresa cedente era definitivamente cessata, mentre quella dell’azienda affittuaria era continuata.
La Corte di Cassazione ha inoltre ribadito che costituisce un indice probatorio della citata continuità, l’impiego del medesimo personale e l’utilizzo dei medesimi beni aziendali. Ha anche osservato che, in relazione alla fattispecie concreta, come non fosse contestato in giudizio che l’odierna ricorrente avesse continuato a svolgere la medesima attività economica già facente capo all’altra azienda, subentrando nella gestione dello stabilimento dove veniva svolta l’attività produttiva, considerato, peraltro che la difesa della società si era incentrata sulla negazione di tali evidenze.
In conclusione, il riconoscimento dei benefici contributivi (nel caso in esame quelli previsti dalla L. 223/1991), in favore delle imprese che assumono personale licenziato a seguito della procedura di mobilità, presuppone che sia accertato che la situazione di esubero sia effettivamente sussistente e che l’assunzione di detto personale da parte di una nuova impresa risponda a reali esigenze economiche e non concreti condotte elusive finalizzate al solo godimento degli incentivi, sicché il diritto ai benefici va escluso ove tra le due imprese sia intervenuto un contratto di affitto del complesso dei beni aziendali, idoneo a configurare il trasferimento d’azienda che, ai sensi dell’art. 2112 c.c., importa la continuazione dei rapporti di lavoro con l’acquirente, non avendo rilievo il disposto dell’art. 47, c.5 della L. 428/1990 che, nell’escludere l’applicabilità dell’art. 2112 c.c. in caso di trasferimento d’azienda in crisi, disciplina la posizione contrattuale dei lavoratori nel passaggio alla nuova impresa, senza aver riguardo agli aspetti contributivi.
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